Chi siamo e dove andiamo noi...

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giovedì 29 settembre 2011

VINCENZO R. DELLA SCUOLA CAPERLE INTERVISTA UNA SIGNORA DELLA VALPANTENA

Ho intervistato una anziana signora della Valpantena:
Il tram era molto piccolo. Attraversava tutto il paese, era stretto e allungato. Le fermate non erano come oggi: c’era solo una piccola panca dove gli anziani si potevano sedere. Il tram merci trasportava vagoni pieni di merci e i vagoni erano molto rovinati.
Lei ricorda che i tranvieri non erano sempre felici ma sempre con una faccia triste.
Dice: “ La prima volta che sono andata in tram sono andata con mia nonna, dovevamo andare in città, mi ricordo che eravamo molto preoccupate perché non sapevamo in che fermata dovevamo scendere."

"Io ho abitato sempre nella Valpantena; quando io ero piccola il mio paese era quasi sconosciuto, ci abitava poca gente, invece quando sono diventata un po’ più giovane mi ricordo che ci abitava molta più gente e quindi la Valpantena è diventata più conosciuta.”

Un episodio legato al tram:  “Io non mi dimenticherò mai di quando ho perso il tram.
Ora vi racconto: stavo passeggiando tranquilla e stavo per arrivare alla fermata; ad un certo punto vidi il tram che mi passò di fianco. Iniziai a correre ma alla fine non ce l’ho fatta!”

Amicizie coi cittadini?  “Io mi sentivo molto con una mia vicina  di casa, ci vedevamo quasi tutti i giorni. Lei era molto vivace. Noi due eravamo diventate quasi come sorelle.”



martedì 27 settembre 2011

SARA P. E SILVIA S. INTERVISTANO S. ANNA – 2^ D Scuola Caperle

Io del tram mi ricordo che lo prendevo da piccola nei giorni festivi  ma anche per andare al lavoro e in centro a Verona. Mi ricordo le cadute che facevo in bicicletta sulle rotaie e che andavo in città per comprarmi dei buoni pasticcini. Quando ero giovane io il paese era molto diverso da ora, i campi coltivati erano molti di più e al tempo della guerra ci si andava a nascondere nel Pantheon. Ricordo che i tedeschi erano venuti nel mio paese, Stelle, e che continuavano a mangiare i fichi e un soldato è morto, così tutti credevano che fosse colpa nostra, che l’avessimo avvelenato.
Tra noi e i cittadini c’erano molte diversità infatti noi venivamo chiamati “montanari” perché più poveri di quelli del centro della città. Noi giovani non avevamo aspettative a causa della troppa povertà. 



domenica 25 settembre 2011

TRAM O FILOVIA

Nei ricordi emergono sovrapposizioni che chiariamo per evitare fraintendimenti.
Il tram era (ed è) un mezzo su binario fisso (rotaie). La Valpantena ha avuto il tram fino al 1958 sostituito poi dalla lunga e snodata filovia rossa e gialla, con le aste che prendevano corrente da fili aerei.
Tram da Grezzana a Porta Vescovo in uso in Valpantena dal 1922 fino al 1958. I colori: marrone e beige. Alcuni modelli erano di colore verde scuro.


Filovia doppia rossa e gialla con snodo/soffietto centrale a trazione elettrica in uso in Valpantena dopo il 1958 e attualmente sostituita con gli autobus diesel o a metano (più recenti)

TRAMVIERE O TRANVIERE

Il Devoto Oli, per esempio, alla parola tranviere descrive: "colui che guida il tram"
mentre non fa menzione del tramviere.


Credo ci siano delle motivazioni di carattere eufonico che hanno imposto a suo tempo la dizione "tranvia" su quella che sarebbe stato più ovvio utilizzare, ovvero "tramvia" (peraltro, esatta traduzione dell'inglese "tramway").
Inoltre, la denominazione dell' Associazione Italiana Amici della Tranvia prevede proprio l'utilizzo del lemma contemplato dal Devoto-Oli. 
 


LAURA M. 2^ D SCUOLA CAPERLE INTERVISTA LA SIGNORA BRUNA

La signora Bruna si ricorda che quando era piccola il tram era rosso e con le bretelle e andava a corrente. Praticamente la corrente alimentava le bretelle che facevano muovere il tram.
Le fermate erano: Quinto, Poiano, Via Fincato, Porta Vescovo e Via Pallone. Il biglietto era giallo e come quello di adesso, rettangolare.
I tranvieri, nella loro divisa, erano simpatici e disponibili ad aiutare la gente.
Bruna è andata in tram numerose volte perché non aveva né la macchina né la patente.

La prima volta era piccola e quando era a Porta Vescovo si sono staccate le bretelle dal filo che le sosteeva così è dovuta scendere con tutti gli altri passeggerie ha proseguito a piedi. Ha sempre viaggiato in tram per andare in città a svolgere le sue commissioni. Si ricorda anche che a quel tempo il paese aveva metà delle case che abbiamo oggi, c’era molto più spazio, l’aria era pura e l’ambiente quasi tutto verde. La maggior parte delle case erano vicino alla chiesa di Quinto, dove ora ci sono le case vecchie. Quando Bruna è cresciuta invece le case sono aumentate.

I giovani di una volta speravano in un futuro migliore, finire gli studi e non essere solo contadini, volevano essere qualcosa di più.

La signora Bruna aveva contatti con i suoi vicini di casa, con i parenti che vivevano in città, ma siccome Quinto era un paese piccolino, si conoscevano un po’ tutti.
Alcuni cittadini si erano trasferiti occasionalmente anche negli anni recenti. Lei percepiva delle diversità tra loro perché all’inizio, la gente di Quinto era “chiusa” nei riguardi dei nuovi arrivati e loro non conoscevano nulla nessuno. Dopo, col tempo, si sono abituati e hanno anche vissuto meglio.



Quinto Anni Cinquanta, la pedemontana detta  strada de la crose.
La strada si è preservata nel tempo e ha conservato una sua bellezza ravvisabile nel tracciato dei muri, nell'antico delle pietre, nel certosino lavoro di cernita e di riuso dei materiali, nel disegno scomposto delle sovrapposizioni delle pietre, funzionale comunque a comporre un struttura robusta, disegno che ha guidato la mano di ignoti artigiani lapicidi del passato; la bellezza si ravvisa anche  nel verde che occhieggia da sopra i muri e dai cancelli che proteggono le ville, da quell'aria fané che ti avvolge quando percorrri questa stradina ricca di storia.
Ci auguriamo che il Palazzetto dello Sport non vada a togliere nulla a tutta questa armonica bellezza.












sabato 24 settembre 2011

LA RISPOSTA

Sul sito dell'a storica Accademia della Crusca potete trovare la risposta. Buona giornata a tutti.

NOTE DI LINGUA VENETA Terza brevissima puntata

Questa mattina mi è capitato di usare la parola del dialetto veneto  freschin: "Gh'è spussa da freschin!"
Una sfida ai lettori: come tradurre?
Afrore? Odore penetrante, acre, sgradevole. Dice tutto e non dice niente di quel particolare, fastidioso odore che talvolta prendono i bicchiri, anche se lavati.
Puzza di uova marce? No, el freschin richiama l'odore dell'uovo ma non è la puzza sulfurea  di uova marce, definita così quando lo zolfo si lega con l'idrogeno.
Difficile trovare una traduzione. Se volete provarci ...

martedì 20 settembre 2011

DALL'INTERVISTA A ATTILIO C. DI QUINTO

‘Ndasea sempre a messa. A olte me mama la ne ghe paraa a tute le messe. Alla matina no gh'era nessuno che servea messa e la me ciamava mi.
Mi savea tanto come el prete, anca in latino.
Cantaa come el prete, le lessioni, le litanie … .

“Assa star, dai, el dise (il prete), che dopo mile maledissioni le buten zo le casete (le casette delle opere parocchiali) e la strada i vol slargarla, e la cesa la femo granda fin sui porteghi …”
Adesso la cesa le anca massa granda e semo siemila invesse de mille!


Quinto Strada per la Crose
Fotografia di M.Venturi per il manifesto Architetture della Valpantena, anni Novanta
Le casette a cui allude Attilio. La sua famiglia abitava all'interno del brolo.


Quando fasea el chierichetto seto cossa che faseimo? A la sera cargavimo l’armonio e ‘ndavimo all’Enal a scola de canto.
Erimo in siè, tutti e siè ne la corale. I disea “Se i manca i Costansi …”
‘Ndaseimo a tor un furgonsin e quan l’era mesanote el prete el ne lassava le ciave e se portava l'armonio indrìo, in cesa. Pagavimo noantri el maestro. Tiravimo fora una picola quota. Maestro Verzè, l'era. Quel che ha comprà su a Basalovo.
Quinto - La Strà 1959-60 circa Il tram è sostituito con la lunga filovia gialla e rossa
Foto Archivio Arturo Slemer

Cosa si cantava? Cantavimo le cansonete, anca:  El cacciator del bosco, la bela Violeta, La cavra del Bertoncelli, ….

La bela la va in cantina
A trar el vin trar le vin trar el vin
col so bel moretin
O morettina mia morirai morirai morirai
O morettina mia morirai
Co le pene nel cuor

E adesso che sem qua tuti
La porta un litro de quel bianco
Che con na bela mora in fianco
Brava de far l’amor
Di far l’amore
La me dis che no son degno
dami a me qualcosa in pegno
che alor ti sposerò
E cosa vuto che mi te daga
E se non ti dono il cuore
Ti prometterò l’amore
E l’amor e la fedeltà.

SPARTITO DELL' INNO AL TRAM

Vittorio Perini di Marzana ha ritrovato tra le carte del padre lo spartito del Coro del tram musicato dal Maestro Morbioli di Avesa e riadattato per il Coro la Bornia di Poiano in occasione dell'inaugurazione della linea Verona PortaVescovo -Poiano.
Vittorio gentilmente ce lo ha inviato.
Consapevoli che la memoria del territorio è un bene immateriale comune  e non può essere esclusiva proprietà di alcuno, rendiamo pubblica la musica (come, del resto, tutto il materiale contenuto in questo blog).
La storia appartiene alla nostra gente e ad essa deve ritornare.

lunedì 19 settembre 2011

INTERVISTA DI MAHDI H. DELLA SCUOLA CAPERLE 2^ D A UNA SIGNORA CHE ABITA IN VALPANTENA

Ho intervistato una persona di sessant’anni che abita in Valpantena e sono riuscito a trarne delle risposte. Lei ricorda il tram che era una specie di trenino che passava per la strada principale di Valpantena, quella che taglia Marzana, Quinto e Poiano. Le fermate erano simili a quelle di adesso: un palo con all’apice un cartello dove la gente aspettava.



l tram merci passava raramente e trasportava merce fino alla stazionee i tranvieri controllavano i biglietti con tanto di cappellino e uniforme blu scura.
Si prendeva spesso il tram perché senò si andava in bicicletta per andare in città a Porta Vescovo o per andare a lavorare fino a Corso Milano. 
Della Valpantena la signora ricorda anche che non c’erano tante case come adesso. Non c’erano macchine e l’ambiente era prevalentemente vuoto. Non aveva tanti contatti con i cittadini perché aveva il suo lavoro ed in più le faccende di casa. Così socializzava poco ccon le persone proprio per il tempo. Si ricorda che in Valpantena erano arrivati molti sfollati dai bombardamenti del 1945.




sabato 17 settembre 2011

VILLA BALLADORO

La Villa merita una sosta perché è una delle ville più belle della Valpantena.
La verde conca che l’accoglie è rimasta integra, o quasi. L’aspetto attuale della villa è del 1700.
La ristrutturazione fu ordinata dai conti Balladoro che ne entrarono in possesso nel 1650.
La chiesetta eretta nel 1694 conserva i caratteri barocchi. Conteneva in origine pale del Farinati e del Balestra.
L’interno non è accessibile.
La sorgente di Franzago, detta delle Strie portava l’acqua alla villa e alimentava le peschiere e le fontane.

Per una guida storico-artistica della villa consigliamo di rivolgersi al nostro socio  Marco Guglielmi che ha condotto studi sull’Archivio Balladoro e conosce bene  la storia di questa famiglia e della villa. Come associazione abbiamo promosso parecchie passeggiate; purtroppo il percorso è limitato e soltanto panoramico ma la passeggiata si rivela piacevole ed interessante.


DEL PALAZZO GIUSTI, DISTRUTTO PER VOLONTA' DELLA SERENISSIMA REPUBBLICA

Salendo verso l'Ipogeo di Stelle, sul bivio con Via della Collina, potete identificare il luogo ove sorgeva uno dei Palazzi dei Giusti di Stelle, grazie anche ad alcuni reperti conservati in loco. Come abbiamo già avuto modo di raccontare Provolo e Zenovello Giusti furono gli autori del rapimento dell’Angiolina Lonardi a Ca’ Nova di Poiano e furono condannati per ordine della Repubblica di Venezia, a cui si rivolse il padre di Angiolina per ottenere giustizia. Dopo la decapitazione di Provolo Giusti il palazzo fu demolito.

Dal romanzo storico Angiolina di Pietro Caliari – 1884, riedizione del 1988 a cura di Luigi Antolini per la Comunità Parrocchiale di Stelle pag. 65-66, vi proponiamo la descrizione del palazzo:

“Il palazzo dei Giusti distrutto: II principale palazzo dei Giusti sorgea, nel paesetto di Stelle, a capo d'un viale ombreggiato di bossi, cipressi e lauri, de' quali talu­no ancora sussiste, e precisamente dinanzi a un ameno giardino. Era sontuoso per isfoggio di architettura, con un gran cortile che sem­brava una piazza d'arme, ed era adorno di torricelle e di logge e di saloni, ornati di tappezzerie, e di stanze vagamente dipinte da Fran­cesco Torbido e da altri. La facciata presentava molti caratteri di stile gotico, tutta incrostata di pietra viva, e, come ne fa menzione anche Scipione Maffei, nella sua Verona Illustrata, qua e là scol­pita di eleganti distici latini. Le finestre erano intorniate da fasci di colonnette, da capitelli e ricchi ornamenti a traforo, e l'ampia ter­razza, che sporgeva sul portone d'ingresso, appariva sostenuta da ca­riatidi gigantesche, eseguite, con molta grazia, da scalpello maestro.

Se però l'esterno di questo palazzo era noto a molti, bisogna dire che l'interno di esso era un mistero. Gli abitanti del paese, girando di bordo alla larga, se ne tenean sempre a rispettosa distanza, perché tutto il meraviglioso v'era avvelenato dall'aria mefitica del delitto. Noi quindi non ne abbiamo che qualche vaga memoria conservata dal volgo, il quale, credulo sempre, non cessò ancora di ritenere che vi fosser pozzi con rasoi e trabocchetti e gabbie di ferro, e tante altre diavolerie inventate dall'uomo per martoriare i suoi simili, e non cessò mai di supporre le solite ubbìe; che cioè, per esempio, chiunque, in una sera di plenilunio, fosse passato dinanzi al cancello della villa o avesse guardato giù dal poggio sovrastante, dopo il segno dei mor­ti, avrìa visto aggirarsi di qua, di là, d'intorno, di sopra e dai lati, un'infinità di fuocherelli, di lemuri e di larve bianche, azzurre, gri­gie, che svolazzavano con ali da pipistrello; e che poi, allo scocco della mezzanotte, vi si vedean dei grandissimi spettri, i quali si recavano a specchiarsi nelle fontane e nelle peschiere o si fermavano a dialo­gar sul davanzale delle finestre, o a segar bruscamente il violino sul­lo sporto della terrazza, e sulle punte dei pini, mentre altri spettri, deposto il candido mantello, abbandonavansi, roteando, a una dan­za macabra, simile a quella di Martino Schoen, o alla ridda descritta dal Goethe, o (per non uscire d'Italia) a quella di Clusone. Doveano allora, dalle glebe del vicino sagrato, uscir fuori a far capolino altri morti (a un dipresso come i diavolini di Norimberga dalle finte sca­tole di tabacco) e questi, dopo di avere scalato il campanile, della par­rocchia, e drappellatovi sopra un funereo panno, dovean plaudire con istridule fischiate, alle quali, lontano lontano, faceva uno scroscio di risa e di cachinni sardonici, che dovevano essere di Satanasso…”

Imboccata Via della Collina vi troverete a monte dell’antico Ghetto e nel luogo del primo insediamento abitato in origine denominato  Vico Torriano o Turano; nel 860 prese il nome di S. Maria in Stelle.



L’IPOGEO DI STELLE

Santa Maria in Stelle, si presenta al visitatore con due celebri ville: Villa Marogna Giusti,  alla vostra  destra, è una delle ville più sconosciute della Valpantena; merita invece grande attenzione trattandosi di una villa quattrocentesca di pregio, con gli interni affrescati da Bernardino India.
Villa Giusti Bianchini più a nord, è un monumentale complesso architettonico tardo-cinquecentesco e con aggiunte settecentesche. Notevole il bel loggiato, opera di Bartolomeo Ridolfi,.
A fronte della villa, oltre la Chiesa del 1500,  si trova l’edificio dei Casai, complesso rurale a corte chiusa, con palazzetto di decoro. Appartenne ai Giusti, come testimonia lo stemma che sovrasta l’ingresso a sud dell’edificio.
Anche il Sentiero Natura, istituito con Legge Regionale di tutela, merita una passeggiata domenicale. E’ un sentiero ciclo-pedonale di interesse botanico, naturalistico e storico che vi consentirà di ritemprare lo spirito tra il verde.


La perla di S. Maria in Stelle è sicuramente l’Ipogeo che qui chiamano il Pantheon.
E’ un ambiente prezioso e di grande fragilità.


Vi proponiamo però alcune notizie, come anticipazione di percorsi futuri.


 L’IPOGEO DI STELLE: Accanto alla Parrocchiale, alla vostra destra, una scala  scende alla struttura sotterranea, absidata e affrescata e con sorprendenti pavimenti di mosaico.
La costruzione,  della prima metà del  III° sec. d. C., fu voluta da Publio Pomponio Corneliano (personaggio romano di rango consolare), sua moglie Giulia Magia e dai suoi figli Giuliano e Magiano. Publio Pomponio, da buon romano,  dedicò il manufatto alle Ninfe e Linfe dell’acqua.  Dedicò anche un voto a Giove Conservatore, trovato in località San Cassiano di Quinto.
L’Ipogeo fu riconvertito a culto cristiano  intorno alla fine del IV-V° secolo.
Alcuni affreschi sono successivi e risalgono ad epoca carolingia VIII - inizi del IX° secolo.
L’Ipogeo è essenzialmente un’opera acquedottistica che capta le acque di una sorgente sotterranea  portandole all’esterno con un lungo cunicolo che si sviluppa sotto la collina per  85 metri.


Nel 1995 Luigi Antolini ha pubblicato una preziosa guida a titolo L'ipogeo di Santa Maria in Stelle, Guida storico-artistica, Centro Studi Bassa Valpantena





giovedì 8 settembre 2011

TERREMOTI IN VALPANTENA

Oggi, cercando su Internet ho trovato dei dati interessanti che riguardano la Valpantena e gli eventi sismici a cui è stata soggetta dal 1117 a oggi. Ne trascrivo una parte.
Il più disastroso terremoto fu certamente quello del 1117,  magnitudo  6,49, epicentro a Oppeano. Il terremoto del 1117 rase al suolo buona parte della città, compresa la cerchia esterna dell’Arena, che fu distrutta quasi totalmente.

Per i terremoti più recenti potete collegarvi  direttamente con la fonte: Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia,  INGV CPTI04  .
Oltre a quelli che vi elenco, dal 1879 al 1900, vi sono stati ben otto terremoti con intensità superiore a 4,63.

La frazione di QUINTO DI VALPANTENA dista 5,79 Km dal Comune di VERONA (VR)
Coordinate: latitudine 45°29'34"N - longitudine
11°1'9''E Altitudine: 114 metri s.l.m. (calcolata) è tenuta come riferimento per valutare la distanza dall'epicentro
TERREMOTI STORICI


03 gennaio       1117    magnitudo    6,49    epicentro       Opeano
25 dicembre     1222                         6,05                          Peschiera
04 dicembre     1334                         4,63                          Verona
21 settembre    1365                         4,63                          Verona
00    00             1402                         4,83                          Verona
21 marzo          1445                         4,63                          Verona
24 gennaio       1491                         5,37                          Grancona (Vicenza)
06 luglio            1693                         5,27                         Goito (Mantova)
01 maggio         1810                        4,83                         Malcesine
26 febbraio       1815                         4,63                         S. Vito di Leguzzano (Vicenza)
24 giugno         1826                         4,74                         Salò (Brescia)
15 ottobre         1841                         4,83                         Sanguinetto
11 agosto         1866                          5,17                        Brenzone
20 febbraio       1868                         4,83                         Brenzone
29 aprile           1876                         4,99                         Malcesine
01 ottobre         1877                         5,03                        Malcesine
14 febbraio       1879                         4,63                        Salò


lunedì 5 settembre 2011

INTERVISTA A (o di) ALESSANDRO ZAMPERINI

Senza dati  anagrafici.
Il tram era composto da carrozze passeggeri, a volte venivano aggiunte altre carrozze per il trasporto merci [ … ]. Io andavo in tram per lavoro, per fare delle commesse o per fare delle compere in qualche negozio. Il mio paese era un posto  tranquillo, dove passavano pochissime automobili e si andava spesso in bicicletta.
Durante la seconda  guerra mondiale, nel 1943, ricordo che toglievano spesso la corrente elettrica e il tram a volte restava fermo.
Domanda: C’erano cittadini che si erano trasferiti occasionalmente o stabilmente  in Valpantena?
Risposta: C’erano più che altro persone che venivano dalla Lessinia.
Domanda: Percepivate della diversità tra voi e i cittadini? Quali?
Risposta: Sì, c’era un po’ di diversità nel modo di vestirsi e [in città] si vedevano delle persone più signorili.

Pranzo sociale di giovani e di  uomini di Quinto e Marzana, soci dell'Enal di Quinto.
Loc. Ristorante La Pergola Grezzana. Inizio anni Settanta.

domenica 4 settembre 2011

Coerentemente con ciò che abbiamo detto nelle nostre visite a scuola pubblichiamo tutto il materiale raccolto. Talvolta selezioniamo le parti più interessanti delle interviste, tralasciando le notizie date per acquisite. Questo per conferire agilità alla lettura.
Purtroppo in diverse interviste, come abbiamo già detto,  mancano il nome e i dati anagrafici dell’intervistato. Questa lacuna fa perdere valore all’intervista stessa.
Ci permettiamo di suggerire ai ragazzi un maggior rigore per conferire alla  ricerca maggior significato.
Pensate a chi vi leggerà tra cinquant’anni … .
Sicuramente vorrà sapere dove, come, quando e chi ha raccontato queste storie.


INTERVISTA ALLA NONNA DI ANNA F. 2^D - SCUOLA CAPERLE

Del tram ricordo che il capolinea era a Grezzana, all’inizio del paese. Era molto diverso rispetto ai bus di oggi. Aveva due vagoni e andava con le rotaie. Io non ho mai preso il tram perché abitavo a Boscochiesanuova e a quel tempo venivo giù con la corriera.. Andavamo in città, ma raramente.
Sono nata a Bosco e ho passato la mia infanzia lì; confronto a oggi sembra un altro paese!
C’erano pochi negozi e lì dentro si trovava l’essenziale per vivere.
C’erano cittadini che si trasferivano  [da noi] per passare l’estate e il Natale. Lì vicino, a villa Tosadori, venivano i proprietari in villeggiatura e giocavano, parlavano, slittavano insieme a noi.
Insomma, anche se provenivano dalla città avevano i nostri stessi interessi. Non c’erano differenze tra quelli che venivano dalla città e gli altri: c’erano gli stessi interessi e solo rare volte si pensava “un po’ male” dei cittadini.

INTERVISTA A TERESA E GILDA MORBIOLI DI NESENTE IN DATA 22 MARZO 2011

Del tram ricordo che partiva da Grezzana e arrivava a Verona, era una locomotiva con almeno due vagoni e delle “stanghette” che facevano contatto con i fili elettrici; si fermava in ogni paese ; ad esempio Grezzana, Quinto e porta Vescovo.  I biglietti li vendevano [anche] sul tram e c’erano sia le merci che i tranvieri. Siamo andati in tram per spostarsi nei vari paesi. E’ stato molto bello!
Quando non prendevamo il tram ci spostavamo in bici o a piedi per andare in città. Quando eravamo giovani il paese era abbastanza povero, non c’era tanto di più di quando eravamo piccoli.
Non ricordiamo un episodio legato al tram ma il tram era molto prezioso visto che c’erano poche macchine.

I ragazzi [di Valpantena] avevano molte aspettative,  [nei confronti della città] perché nei paesi non c’era molto mentre in città c’era un po’ di più.
Avevamo il timore di confrontarci con quelli della città perché erano più sbruffoni.
Avevamo dei contatti con qualche cittadino, dei parenti che a volte andavamo a trovare.
I cittadini durante la guerra [venivano in Valpantena] per trovare rifugio.La diversità tra noi e loro: loro si sentivano più superiori e più fortunati.





Lavatoio in pietra a Nesente 1997
Dal manifesto CiViVi I LUOGHI DELL'ACQUA
di M. Venturi e G. Consolati

venerdì 2 settembre 2011

INTERVISTA A GLORIA BALLINI - Michela 2^ D Scuola Caperle

Trascriviamo questa intervista  anche se può generare confusione tra la filovia e il tram; la nonna che racconta è sicuramente una nonna giovane che non ha ricordi precedenti al 1958. La ringraziamo del contributo che rafforza e dà maggior senso al nostro lavoro di “raccoglitori di memorie”

Una volta il nostro paese non era lo stesso; per esempio in quel  tempo  un mezzo molto conosciuto e usato era il tram.
Ci troviamo a Verona e più precisamente a Quinto.
Così racconta mia nonna: il tram che passava era di colore rosso, aveva le cosidette “bretelle” e andava a corrente, aveva le ruote di gomma; non era proprio un tram ma la gente lo chiamava così. Il tram aveva delle fermate come l’autobus oggi, che in questo caso erano: Quinto, Poiano, Via Fincato, Porta Vescovo e infine Via Pallone.
Pure i biglietti erano diversi, di colore giallo, di forma rettangolare ma fatti con carta di vario tipo. Le persone che guidavano i tram sono i tramvieri […]
Mia nonna c’è salita molte volte perché non aveva l’automobile e la patente.

Si ricorda ancora la prima volta che c’è stata. Era molto piccola, stavano andando in città ma proprio a Porta Vescovo le “bretelle” si sono staccate e hanno dovuto proseguire a piedi.

Negli anni in cui [la nonna] era cresciuta Quinto era cambiata; quando era piccola le case si trovavano vicino alla chiesa ma poi quando è cresciuto si è trasformato in un paese e tutti nel paese si conoscevano.

Mia nonna mi racconta sempre che tutti, compresa lei, speravano in un futuro migliore: studiare per non diventare semplici contadini. I ragazzi vedevano la città come un altro mondo: più moderno, diverso dalla campagna.

Visto che mia nonna prima abitava in città ma poi si è trasferita, conosceva soltanto i suoi parenti che abitavano in città.
All’inizio quando erano arrivati si sentivano un po’ a disagio ma dopo alcuni giorni si sono inseriti. Anche adesso i miei nonni abitano a Quinto.


Processione in Via Leonardo da Quinto, verso la Chiesa
Anni Quaranta (?)
La via era affiancata da alte mura  (a dx della foto) seguite dalla casette di cui ora rimangono soltanto i muri. A sx una lunga siepe di biancospini e di rovi, fioriti in estate di rosecanine, delimitava i campi di Rubinelli. "El cancelòn" ne segnava l'ingresso.  Si noti l'acciottolato di sassi.