Chi siamo e dove andiamo noi...

* Le immagini e le fotografie del sito sono protette da copyright. Se ne consente l'utilizzo per uso personale, studio o consultazione*



Trascrizione dei testi dialettali: Talvolta potranno esserci errori o imprecisioni di trascrizione del dialetto; infatti il nostro dialetto a tutt'oggi non ha raggiunto uniformità di rappresentazione. Le fotografie (spesso non datate) provengono dalle raccolte di varie persone; in talune le date possono essere approssimative. Ci scusiamo con i lettori. Si prega di lasciare le eventuali segnalazioni nei commenti o di inviarle al nostro indirizzo mail: blogdellamemoria@gmail.com





martedì 29 novembre 2011

NESENTE VILLA MURARI DELLA CORTE BRA - LA CHIESA PADRONALE

Chiesetta del complesso Murari della Corte Bra a Nesente
che secondo il Simeoni poteva essere identificato con Villa Pasini,
disegnata dal Cristofori (1718-1788)
Foto di G. Consolati per il Manifesto CiViVi Architetture della Valpantena

lunedì 28 novembre 2011

CARABINIERI DI QUINTO


La sede era su Via Valpantena al n ... . Fotografia Archivio Slemer Anni Cinquanta
Si cercano maggiori notizie

martedì 22 novembre 2011

POIANO A FINE OTTOCENTO O ALL'INIZIO DEL 1900

Villa Polfranceschi a Poiano nel pieno splendore dell'epoca.
Foto Onestinghel
Cartolina dall'Accdemia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona

ADRIANO GRANDI E LA VALPANTENA


LE BELLEZZE DI VERONA di Adriano Grandi - Accademico Filarmonico
Al Sig.
Francesco Albertino
a Roma
Merlo- Verona 1617
Conservato nell'Archivio dell'Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona



[…]

Se volgiam a man destra i passi lenti

Troviam le mura aperte in quella parte

Che scopre il piano e i monti più eminenti

La Val Paltena sembra fatta ad arte

Coi fruttiferi e ricchi colli intorno

Cui tanti pregi il ciel lieto comparte

Vedrem Montorio d’ogni gratia adorno

Che vince gli Horti hesperidi, e coi doni

Visita la città di giorno in giorno:

E non sol d’Uve, Persiche e Meloni

O sol di frutti dilettosi al gusto

Ma Tremule, Truttelle e Maiaroni

[…]

Volgiamo pure in questa parte o in quella

Che non si può trovare il più bel sito

Del suo Piam tra due valli e le Castella

Qui si possiam cavar ogni appetito

Di prospettive, incontri e bei riguardi

E chiamar qualche amico al Convito

[…]



domenica 20 novembre 2011

CHIESA DEI SS. APOSTOLI PIETRO E PAOLO A POIANO


Chiesa Parrocchiale di Poiano.
Fotografia dell'Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona
Testi parzialmente tratti da Chiesa dei santi Apostoli Pietro e Paolo a cura di R. Tezza e B. Pasini per la Comunità Parrocchiale di Poiano, 2005
La Chiesa fu affrescata dal Trentini e dal Castagna tra il 1920 e il 1922, come si legge in questa cartolina dell'epoca.
Confrontata con fotografie recenti si nota una diversità di livelli.
Fu restaurata da Speri e Montolli nel 1991.
All'interno trovasi tre tele del Caliarino.



Foto M. Venturi 1989

Chiesa vecchia di San Pietro in Bosco, adiacente alla nuova,  sulla quale nel 1425 avevano giurisdizione i Chierici di San Pietro in Castello e l'arciprete del Capitolo.
Nella nuova chiesa si trova un basorilievo di marmo, una Imago Pietatis del 1328 proveniente da San Pietro in Bosco.
La statua di San Pietro, sopra l'ingresso è stata anch'essa trasportata, per ragioni di sicurezza, nella chiesa parrocchiale nuova dopo il restauro degli affreschi del 1991.

MARZANA ROMANA

                         Marzana - Elemento di una tomba romana a mensa e soprastante capitello.
                                                                         Foto di G. Consolati 1990

 A Marzana si è ipotizzata la presenza di Gens Valeria per le emergenze archeologiche tra cui alcune epigrafi e una stele, ora conservata al Museo Archeologico del Teatro romano, che cita Lucio Valerio Locusta.
Nel piazzale della chiesa si conservano due colonne tortili forse di una dimora di decoro, e una grande stele frammentata, murata nel 1875 nel muro esterno della canonica; cita Lucio Sergio Vero, unica presenza della Gens Sergia nel territorio veronese.
Si dice che il tempio qui testimoniato dal capitello di colonna, fosse dedicato a Marte, da cui Marzana, ma gli storici non confermano.  E' una visione storica che si è consolidata probabilmente nel periodo romantico che comprende una Marzana inserita nella Valle degli Dei e i toponimi dei paesi della valle interpretati in questo senso: Marzana da Marte, Poiano da Giano, Vendri da Venere, Quinto dal miliare "Quinto ab urbe lapide" ecc. .
Certamente la Valpantena dal suo imbocco che è rappresentato dal tracciato di una  linea immaginaria da Colle San Felice al Castello di Montorio fino a Grezzana (e Romagnano), ha dato testimonianza della presenza romana con molti reperti archeologici.

Nella fotografia vediamo un Tritone che suona la buccina e porta un remo. Questi modiglioni, messi in coppia, servivano da sostegno di una tomba, la cui tipologia è definita a tavolo o a mensa. Sulla mensa venivano poste le offerte per il defunto. Fino a pochi anni fa il reperto si trovava sulla piazza, ora si trova all’interno della Chiesa, ivi trasportato per volontà del Parroco Don Antonio Vaona, preoccupato per la sicurezza del reperto.
Da non dimenticare la presenza a Marzana dei un acquedotto romano (dalla Monografia Sormani Moretti) che captava le copiose acque del Vaio della Nasse.

NESENTE VILLA MURARI DELLA CORTE BRA - IL VIALE



Foto dall'Archivio dell'Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona. Fotografia di fine Ottocento.
Si tratta probabilmente del viale padronale di accesso (da Gazzego) del complesso Murari della Corte Bra di Nesente.
Il Simeoni la identifica con Villa Pasini in origine Rizzardi, che sarebbe stata disegnata dal Cristofori (1718-1788)
L'aspetto attuale è, secondo Federico Dal Forno, di stile e gusto tardo ottocenteschi.
Prima del frazionamento degli edifici interni e del restauro, la villa è rimasta nell'incuria per diversi anni con trafugamento di arredi interni ed esterni.

sabato 19 novembre 2011

POIANO A FINE OTTOCENTO O ALL'INIZIO DEL 1900

Poiano in una fotografia di fine Ottocento o inizio del Novecento
Archivio dell'Accademia Agricoltura Scienze e Lettere di Verona
E' visibile la nuova chiesa inaugurata il 3 ottobre 1830 e disegnata da Giuseppe Barbieri Ingegnere del Comune di Verona molto attivo all'epoca (lo stesso di Palazzo Barbieri e del Cimitero Monumentale) e il campanile della Chiesa vecchia.
Per ordine del Comando Asburgico le Torricelle, strutture pensate per la difesa e il controllo del territorio,  dovevano avere libera l'area tutto intorno. Infatti notiamo come le colline siano rimaste a lungo  libere dalla vegetazione.
L'uso del legname e dei rovi come combustibile ha contribuito a lasciare libero il terreno per decenni..

LA STALLAVENA-BOSCO


Fotografia Archivio Arturo Slemer
La Stallavena-Bosco

di Danilo Castellarin 16.06.2009 L’Arena.it - Dossier
"L'automobilismo vanta antiche tradizioni in Lessinia: dopo i pionieri di fine Ottocento, tra cui gli ardimentosi autisti dei primi torpedoni, negli anni del fascismo ebbero successo le manifestazioni autosciatorie: si gareggiava prima in velocità (salendo a Bosco sulla vecchia, stretta strada, perdipiù innevata) e poi sugli sci. Su questa tradizione si innestò la Stallavena-Bosco. La prima edizione venne disputata nel 1958, l'ultima nel 1968. Solo undici anni, che videro però il cambiamento dell'Italia: dal Paese rurale del dopoguerra a quello del boom economico.
L'avventura della Stallavena-Bosco cominciò domenica 31 marzo 1957 quando un brutto incidente nella Salita delle Torricelle, edizione numero 14, provocò la soppressione della gara. " [...] Verso le 18, quando il tramonto aveva ormai oscurato il percorso, la Ferrari uscì di strada travolgendo alcuni spettatori. Solo feriti, ma la gara venne immediatamente sospesa. [...] E dalle ceneri delle Torricelle [Ndr : della corsa delle Torricelle] nacque la Stallavena-Bosco.

SORTŬ

Andrea Santini, 1829 Dizionario del dialetto veneziano:
Dal francese surtout: abito da donna che si indossa sopra gli altri ma anche trionfo che si mette a centro tavola dove si collocano l’oliera, la saliera, la zuccheriera ecc.
Nonna Dorina (area linguistica di Avesa) usava sortù per definire il trespolo di metallo che conteneva l’oliera, la saliera ecc.
Un termine usatto anche in Valpantena fino agli anni '50.
Lo confermano il Rigobello, il Beltramini e altri.

venerdì 18 novembre 2011

EL CRISTO CHE PIAN∫E

Adesso che te ghé
‘na sfraselà de robe
par far ‘na lagrimeta
el buso ‘ndo te eri
l’è udo.

L’è ‘n buso stofegà
fra fumi de graspìa
e case a puinàro
con qualche fior passà
e ‘n lumin che fa ciaro.

Cossa te digo Cristo
pian∫i de gusto
ch'el merita
De lagrime te ne vansa
da ‘npenir un çentenaro.


Quinto 1982 Capitello detto del Padreterno o del Cristo che pian∫e
Foto e testo di M. Venturi
Dalla Mostra Fotografate la Valpantena 1990

Il capitello del Padreterno conservava nella nicchia un Cristo ligneo, probabilmente del '400.

Ci è stata raccontata questa storia:
"I nuovi proprietari della casa verificarono la proprietà  del muro e del capitello; controllando la piccola statua del Cristo scoprivano che sotto la veste rossa stinta e lacera, (che si polverizzò al tatto), si celava una statuetta lignea a 3/4 di busto, di fattura pregevole.
Non era il caso di esporla di nuovo alle intemperie e alle ruberie. Ne reclamarono la proprietà.
Però le donne di Lumialto si lamentarono con il prete della sparizione del "Cristo che pianse", conosciuto e venerato anche come "Il Padreterno".
Con ironia l'informatore continua il racconto:
"Le galine no le fasea più i ovi e le butele no le g'avea più le mestruassioni".
Non restava che consegnare il Cristo alla Parrocchia.
Sembra che poi lo stesso sia finito alla Curia. Ma sono solo dei si dice.

giovedì 17 novembre 2011

VILLA GIUSTI BISOFFI a Vendri


Foto 1992 circa di M. Venturi per il CiViVi per il manifesto Architetture della Valpantena

E una costruzione appoggiata alla collina,  subito dietro alla più nota Villa Vendri. Il Dal Forno, nel Secondo quaderno culturale della Valpantena la  definisce come Settecentesca.
Una mia chiaccherata col proprietario, molti anni fa, l'ho riassunta sul mio blocco degli appunti.
La propietà deriva da un antenato Bianchini. Secondo l'attuale proprietario la villa è precedente al '700; sotto la bella scalinata è ancora visibile lo stemma dei Giusti.
Si deduce l'aggiunta successiva della gradinata  dalla presenza, dietro la stessa, di alcune finestre e punti luce.
La torretta (non visibele nella foto) è del periodo asburgico. La facciata è asimmetrica a causa dell'incendio di un'ala del palazzo sulla parte destra nella foto.

mercoledì 16 novembre 2011

CORTE FRAIZZOLI A NOVAGLIE

Manifesto CiViVi Architetture della Valpantena
Foto G. Consolati 1990 circa

La corte è stata oggetto di restauro e la foto è ormai un documento storico di come era l'antica casa-torre.

VILLA CATTERINETTI FRANCO E FALASCO loc. Cologne di Grezzana


<><>
Villa Catterinetti Franco a Cologne
Dal manifesto del CiViVi Architetture della Valpantena
Foto M. Venturi

In periodo risorgimentale questa villa ospitava un importante salotto politico-letterario ad opera di Marianna Catterinetti Franco, amica del poeta Aleardo Aleardi e di tanti personaggi veronesi importanti per censo e per idee anti-austriache.


A proposito di Marianna e del cognato Giuseppe Catterinetti Franco sul fronte della casa, al n. 9 di Via Francesco Emilei sta scritto:

SOLDATO DI TUTTE LE PROVE / GIUSEPPE CATTERINETTI FRANCO / PIÙ VOLTE / ABBANDONÒ PER LA GUERRA / LA PACE DI QUESTA CASA / OVE / COMPAGNA DI COSPIRAZIONI / PERSECUZIONI, ARDIMENTI / EBBE LA COGNATA / MARIANNA CATTERINETTI FRANCO FONTANA / NOBILI AMBEDUE / NEL NOME NEL SANGUE / NEL MARTIRIO DELLA CARCERI AUSTRIACHE 25 GIUGNO 1814 -12 FEBBRAIO DICEMBRE 1824 - 13 APRILE 1894



La villa di Cologne con il bel porticato quattrocentesco con loggiato superiore, con nove volti ad arco a tutto sesto, sorge su un preesistente insediamento di casa-forte, forse duecentesca. 
La villa è  immersa in un parco secolare dotato nel 1500 di complesse opere di canalizzazione delle acque che scendono del vaio prospicente la settecentesca Chiesa di S. Antonio, sopra Orè.
Sopra Cologne incombono le grotte di Falasco e i resti di un incastellamento in muratura con torretta circolare.
Le paleate sono scomparse nel tempo ma rimangono i fori nelle rocce dai quali si può desumere l'ampiezza e il  complesso disegno dell'insediamento.
Nel 1600 il luogo ospitava un covo di bravi (i buli) al servizio dei signorotti locali.
Lugubramente celebre per le malefatte il bandito Paulo Bianchi che qui si rifugiava con la sua banda di malviventi.
Dall'alto i banditi controllavano il passaggio di genti e merci da e per la Lessinia taglieggiando i viandanti.
I monti del Luxino (Lessinia)  allora poco abitati, e la strada per Alcenago, erano accessibili solamente da  incerti sentieri che si inerpicavano nei vai e  sulla montagna.
Il sentiero di fondovalle era considerato anche una preziosa via di fuga  verso  la Valdadige e i territori del nord. 
Falasco, luogo strategico, si trova nel punto più stretto della Media Valle.
Sulla sinistra del vaio trovasi una grotta utilizzata per la lavorazione della selce per ottenere le pietre focaie; numerosi resti di lavorazione ne sono la testimonianza.







 
Dal manifesto del CiViVi Architetture della Valpantena
Foto M. Venturi e G. Consolati 1996








<><> <><> <><>
I rustici sulla parte posteriore della villa

martedì 15 novembre 2011

VILLA GIUSTI BIANCHINI in località Casai di Santa Maria in Stelle

Villa Giusti Bianchini di Santa Maria in Stelle
dal Manifesto CiViVi Architetture della Valpantena
Foto G. Consolati 1997

Monumentale complesso architettonico tardo-cinquecentesco con aggiunte settecentesche.
Detta localmente La losa (la loggia) per l'elegante porticato in facciata. Il porticato è composto da una serie di arcate rette da eleganti colonne e sormontate nella serraglia da bellissimi mascheroni opera di Bartolomeo Ridolfi  nato a Bagnolo di Nogarole Rocca e vissuto ante 1570. 
Il Ridolfi, attivissimo decoratore, sculture e in alcuni casi anche architetto, decorò molte ville del vicentino e del veronese; lavorò con il Sanmicheli e con il Palladio.
Morì in Polonia dove si recò insieme al figlio per commissioni del re di quel paese.

« Afferma il Palladio, architetto rarissimo, non conoscere persona nè di più bella inventione nè che meglio sappia ornare con bellissimi partimenti di stucco le stanze, di quello che fu questo Bartolomeo Ridolfi. »

Giorgio Vaasari, Le vite, 1568

L'interno della villa non è ben conservato tuttavia sono interessanti alcuni affreschi che potrebbere essere di Bernardino India, attivo nella medesima epoca (decorò anche la villa Marogna-D'Arco-Giusti ora Puttini di Santa Maria in Stelle) .
In una sala campeggia un grande camino sorretto da un telamone e una cariatide; la fattura  è sicuramente da attribuire allo stesso Ridolfi.

SCOSSAL?

Cos'è el scossal?
Il solito Rigobello traduce con grembiule, coperta e anche (da Romagnano) parafango della carrozzeria.

In altri dialetti del nord Italia: Scorso=paltò, scosso=mantello
Forse dal Longobardo skauz o nelle forme tedesche skoza e schoss per indicare la pancia, il grembo.


Foto Fam. Allegri di Quitno 1907 circa
Alla Madonna di  Monte Berico. 


Mia nonna, nata nei primi anni del '900, usava chiamare scossal il grembiule da lavoro, quello che serviva per lavare i piatti o i panni. detto anche grembialoto
Quello più civettuolo, coi ricami, lo chiamava petorina o anche davantin, oppure grembial.
Le donne di Quinto della foto  che sono fotografate a Monte Berico per sciogliere un voto (1907-8 circa), hanno dei grembiuli civettuoli che mia nonna chiamerebbe davantini o grembiali.
La petorina presuppone l'estensione del grembiule fino al seno, con incrocio sulla schiena di bretelle e lacci, detta anche traversa.

lunedì 14 novembre 2011

SISON ?



Ci è stato chiesto: come tradurre sison.
Sison viene tradotto dal Rigobello con germano reale oppure come maschio dell'anatra.
Su questa linea anche Wiki e alcuni siti di Internet che trattano del dialetto veronese e veneto.

Giorgio Rigobello, Lessico dei dialetti del territorio veronese, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, Verona 1998.

Chi può dare una definizione più precisa che ci aiuti a capire perchè in alcune zone i maschi non maritati vengono chiamati sisoni?


El Diretore de La Rena Domila, Toffaletti in risposta al mio quesito mi ha gentilmente mandato questo documento.


Ringrazio il Direttore e invito i cultori di storie veronesi a collegarsi col sito de La Rena Domila    http://www.larenadomila.it/.
Giuro, 'na goduria.

domenica 13 novembre 2011

VILLA DALLE MOLLE a Poiano


Villa Dalle Molle a Poiano
Fotografia dal Manifesto CiViVi - Architetture della Valpantena
Foto G. Consolati 1997
Si tratta di una dimora signorile del Quattrocento con rimaneggiamenti del Settecento.
Porta sette eleganti arcate a tutto sesto in doppio ordine di portico e loggiato.
Dal loggiato superiore si accede ad una piccola cappellina privata.
L'interno si sviluppa con eleganti e ampie stanze susseguenti.
La proprietaria ci raccontò dell'ampliamento con l'aggiunta di un secondo corpo di edificio (ben percepibile a sx guardando la villa ) da parte di un antenato per la divisione tra due figli maschi . E' questa la ragione dei due ingressi separati alla villa .
Il Dal Forno nel Secondo quaderno culturale della Valpantena, 1987 a cura del Centro C. Cipolla di Grezzana, racconta di due stemmi "... nello specchio interno dei pilastri del cancello d'ingresso [...] due scudi. In quello di sinistra sono scolpite alcune lettere e una data, ora molto rovinate: "P. EVFIO - ANNO 1750", sull'altro uno stemma araldico indecifrabile".

lunedì 7 novembre 2011

ANCORA HALLOWEN

Dopo la conferma della tradizione di svuotare la zucca per illuminarla e scacciare gli spiriti, riordinando gli appunti di Graziano Mosconi sulla storia di Quinto ho ritrovato un cenno anche alla tradizione che vuole i ragazzini a chiedere soldi in occasione della ricorrenza dei defunti.
Dice Graziano: .".. Un tempo vi era l'usanza che i ragazzi, i giorni precedenti la festa dei morti, andassero in gruppo per le contrade a cantare: I vivi e i morti, i gobi i storti, i bruti i bei, fora schei! "

VILLA SIGNORINI già Preame e Di Giacomo

Chiesetta della Santissima Purità di Maria Vergine
Villa Signorini a Quinto - Il loggiato.
Manifesto CiViVi Architetture della Valpantena
Foto G. Pollini 1996

Nel 1787 apparteneva a Giangiacomo Preame Canonico della Cattedrale.
La villa è stata restaurata nell'Ottocento.
E' interessante il porticato che apre alla campagna. Porta colonne quattrocentesche.
Accanto alla villa è conservata una cappellina dedicata alla Purità di Maria Santissima.
Gli abitanti ricordano che una volta all'anno, la terza domenica di ottobre,  veniva distribuito un pane bianco per ogni abitante si presentasse alla grata vicino alla chiesetta dopo la messa celebrativa.


giovedì 3 novembre 2011

EL SCARPOLIN E LA SARTORA A QUINTO

Ciabattini al lavoro.
Foto Archivio CiViVi

A destra la sarta con la macchina da cucire.
Possedere una macchina da cucire rappresentava  una ricchezza per qualsiasi donna.
Il corredo e i vestiti erano fatti a mano, spesso rivoltati o trasformati.
Poter cucire a macchina rappresentava un notevole risparmio di tempo e di fatica.
Quando dopo la seconda guerra mondiale le macchine da cucire furono in grado di eseguire anche punti di ricamo si perse un pò alla volta l'abilità femminile di eseguire ricami complessi che in passato avevano abbellito letti, biancheria, tovagliati e tende.
El scarpolin.
Ciabattini al lavoro. Particolare.
Nei periodi estivi i ciabattini trasferivano il loro piccolo banco all'aperto. Il lavoro minorile era una regola, non una eccezione.
Aiutateci a datare la foto.

La sartòra (particolare).
La prima macchina da cucire fu prodotta in Italia da Salmoiraghi.
L'ivenzione della macchina da cucire o cucitrice è piuttosto controversa e risale alla seconda metà  del Settecento alla quale fa seguito il deposito di numerosi brevetti.
La prima Singer su scala industriale fu prodotta negli USA  nel 1851 da Isaac Merrit Singer.
Nel 1853 a New York una macchina da cucire costava 100 dollari.
Dopo l'Esposizione di Parigi dove la Singer vince il primo premio l'azienda si espande in Europa e precisamente in Scozia a Glasgow. Ingrandendo l'immagine non è comunque possibile capire se è ancora una macchina da cucire azionata da manovella.

OSTERIA DEL MOMI A MARZANA

Marzana - Osteria Mantovani col Momi cantinier. Anni Cinquanta.
Foto Arturo Slemer - Archivio CiViVi

Talvolta, nella tarda mattina, accompagnavo il papà al bar vicino a casa, bar gestito dal Momi cantinier.
Momi era detto cantinier perchè in precedenza aveva lavorato nella cantina del brolo degli Arvedi.
Di solito il premio per una giornata da brava bambina era una spuma dalla tinta vivace, dal sapore frizzante che raschiava la gola ed era di colore arancio forte, che sembrava finto. C'era anche quella rossa, al bitter che ai bambini non piaceva.
Sul banco c'era un vaso con le uova sode sbucciate,  immerse in un liquido sconosciuto; col tempo prendevano un colore violetto. E c'era il grande vaso panciuto con le cipolline sotto aceto.
Sugli scaffali ricordo la China Martini, il Mandarinetto Isolabella e il Cynar ma Momi vendeva soprattutto vino, vino bianco e vino rosso. C'era anche una macchina per il caffè ma la richiesta più frequente e spiccia era: "Momi, dame un goto de bianco" (o de rosso, a seconda dei gusti e dell'ora).
In casi eccezionali, come la promozione, Natale o S. Lucia, la consueta spuma che papà mi offriva era accompagnata da un boero incartato con una scoppiettante carta stagnola rossa.
Momi teneva i boeri bene in vista sul banco, infilati in un lungo chiodo di metallo. Se all'interno trovavi stampato un numero (era l'1 in genere; ma comunque raro) avevi diritto a un secondo boero. Che festa!
Conservavo a lungo e con cura la stagnola del boero nel quaderno di scuola, come un tesoro prezioso e raro e affrontavo il boero succhiandolo con gusto, attenta a non perdere neanche una goccia del liquore zuccherino che copriva la ciliegia.
Avevo sei anni, ero alta, esile e sognavo di fare la ballerina.
Al bar del Momi, sotto gli sguardi compiacenti dei pochi avventori e lo sguardo orgoglioso di papà, si ripeteva ogni volta lo stesso rituale:
Momi, con aria benevola chiedeva: “Dime qua bela, cossa vuto far da grande?”
Io rispondevo, con  con gli occhi scintillanti: “La ballerina”.
E il Momi: “Ma va' dai … sìto almànco bona de balàr?”.
Io, che apposta mi ero messa le pantofole di feltro, mi alzavo sulle punte, allungandomi verso l’alto,  librandomi verso futuri  immaginari successi di palcoscenico.
Il Momi e i pochi avventori applaudivano per compiacenza e io tornavo a casa felice.
Poi i passaggi degli aerei nel cielo, con lunghe scie bianche che rigavano la valle da est a ovest, si fecero più frequenti ed io, seguendo nuovi sogni e nuove aspirazioni, cominciai a dirottare le mie attenzioni verso nuovi obiettivi.
Fare l'hostes doveva essere proprio un bel mestiere ...!

M.V.

 

mercoledì 2 novembre 2011

STRADA CAMPESTRE PEDECOLLINARE DI VALALTA

Con la costruzione della SP6 dei Lessini nel tratto Quinto-Grezzana fu interrotta la storica comunicazione pedecollinare.
La strada da San Michele (dove già nel Medioevo si svolgeva un mercato), attraverso Nesente, Vendri e Sezano proseguiva per il Borgo di Grezzana e, forse attraverso il Vajo Paradiso, raggiungeva  i  Lessini.
In località Valalta (o Vallalta) si trova una bella fontana che convogliava le acque del vaio.

Immagine autunnale della Valpantena da Cellore di Sezano verso nord.
Foto M. Venturi  2007

HALLOWEN E LA VALPANTENA

Questa festa importata dagli Stati Uniti con il rito del “dolcetto o scherzetto” e l’intaglio della zucca detta Jack  o’ Lantern  (in Irlanda si intagliava la rapa)  cosa ha a che fare con la Valpantena?
Per ora niente  più che un piacevole  ricordo personale.
Da bambina (1950-52) nella mia famiglia si usava intagliare la zucca dopo averla svuotata; la si poneva sul davanzale con dentro una candela accesa. Si andava a gara a chi la faceva più spaventosa e si diceva servisse a tenere lontani gli spiriti.
Mi chiedo quanti ancora hanno memoria di questo gioco, che si rifaceva ad antichi riti. Sembra che ci sia collegamento con riti presenti nelle tradizioni nordiche, in uso  per la festa di Samhain.

Da Wikipedia: “Alcuni studiosi di folclore hanno rintracciato le sue origini nella festa romana dedicata a Pomona dea dei frutti e dei semi, o nella festa dei morti chiamata Parentalia;  la festa di Halloween è più tipicamente collegata alla festa celtica di Samhain, originariamente scritto Samuin (pronunciato sow-an o sow-in). Il nome della festività, mantenuto storicamente dai  Gaeli e dai Celti nell'arcipelago britannico , deriva dall'antico irlandese  e significa approssimativamente "fine dell'estate".[

Liquidare oggi la festa come rito di neopaganesimo che non appartiene alle nostre tradizioni mi sembra francamente affrettato.
Se altri hanno conservato come me  il ricordo della zucca illuminata sono pregati di segnalarlo, per far memoria.
Per chi vuol saperne di più consigliamo Le feste, i miti, le leggende e i riti dell’anno di Alfredo Cattabiani, Ed. Rusconi , 1993 ma nche Wikipedia sembra ben documentata.