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giovedì 29 dicembre 2011

SAN DONATO NUOVO

                                                    ORATORIO DI SAN DONATO NUOVO A MARONI



Il Conte Uguccione Giusti, ultimo dei Giusti di Stelle, nel 1812 eresse un nuovo oratorio “attiguo al  Palazzino di sua villeggiatura”

La descrizione che ne fa don Germano Alberti:
“ […] fabbricò a sue spese l’attuale bellissimo Oratorio con Torricella e tre campane di uno squillo argentino e deliziosissimo. Lo adornò di un altare di marmo bianco, fregiato del prezioso verde antico, di statue ed angeli di buon scalpello, di dorature e dipinti. La tela dell’altare opera del valente Paolo Caliari (an.1813) la dedicò principalmente al santo cui era dedicato l’oratorio cadente […]
Nel mezzo della cappella è sepolto il conte Uguccione Giusti e sulla pietra sepolcrale si legge la seguente iscrizione:

(in latino)

Traduzione:

Principio e Fine: Cristo

Qui è sepolto

Uguccione dei Conti Giudti

illustre

per nobiltà degli avi e per integrità di costumi

di animo forte nelle vicende avverse ed equo nelle propizie

morì di apoplessia
In età di anni 71 – e mesi 9

il 1° Dicembre 1919

Francesca figlia di Pietro della famiglia Montoli

al benemerito marito

il monumento fece costruire
in quella villa di Monte Maroni

che lui aveva costruito per il suo onesto ozio.


Già don Alberti all’epoca di questo racconto, lamentava la distruzione del campanile e l’utilizzo delle pietre per fare muretti e cisterne.
Le campane “piccoli bronzi argentini” fuse dall’artista Partilora di  Verona nel 1812 e che portavano il ritratto del mecenate Conte Uguccione detto il Contin, presero il volo per la chiesetta cittadina di S. Maria del Giglio, in parrocchia di Santo Stefano.

Storia particolarmente ricca di fascino ma anche di misteri e di "si dice ...". Il palazzin del Contin è stato trasformato tanti anni fa per ricavarne appartamenti. Ci chiediamo se gli affreschi che la gente ricorda ad ornamento e pregio del Palazzin, siano stati preservati.


mercoledì 28 dicembre 2011

CENNI STORICI SULL'ORATORIO DI SAN DONATO VECCHIO detto anche S.Gaetano, contrada Maroni

Da Cenni Storici della vecchia e della nuova Chiesa di San Donato in contrada Maroni di Valpantena, sac. Germano Alberti, Verona, Arti Grafiche A. Chiamenti, Via Tezone n.4, 8 ottobre 1917

NOTE TRATTE DAI DOCUMENTI PARROCCHIALI
Scritti dal Rev. Don Bartolomeo Finadri, Arciprete di Sezano, nel secolo scorso


“dopo un monticello sul quale fa capolino, tra folte piante, la modesta contradetta di Maroni, così denominata dal suo castagnaio …”
Pietro Caliari, Angiolina 

Nota dell'Autore:
Di questo Oratorio non rimane in piedi che un pezzo del coro, su cui c’è un affresco con  Madonna e santi dei quali parleremo più avanti. E- detto il Capitello di S. Donà e porta nel fondo un grande crocifisso. La periferia della Chiesa caduta è ora tracciata da un piccolo muricciolo.  
Del vicino convento nel 1917, anno della pubblicazione delle memorie, non restavano che resti ruderizzati,  scoperti  via via da scavi agricoli.

Sintesi del testo:
La leggenda, frutto della devozione popolare, riportata da Don Germano come “una soave e pia tradizione”, narra di un tentativo di rifacimento delle malte commissionato dall’ultimo Rettore Olivetano Padre Alessandro Fumanelli.
Per ben tre volte le malte rifatte di giorno alla notte cadevano con  rumore tale da svegliare i contadini del vicinato. Ogni volta i dipinti del coro tornavano in luce.
Per questa ragione Padre Fumanelli non continuò con il suo tentativo di restauro; la Madonna  non voleva si coprissero le immagini.
Questa è la suggestiva storia che è legata all’immagine del post precedente, storia che “ha gettato il suo velo d’oro su questi  dipinti” (ancora parole di Don Germano Alberti).

Con il prossimo post vi darò altre informazioni.




sabato 24 dicembre 2011

AUGURI A CHI CI SEGUE

Con questa storica immagine di Madonna con bambino appartenuta nei secoli alla venerazione delle genti di Valpantena, con l'auspicio di una serena riflessione sulla necessità di valorizzare e tutelare il nostro territorio auguriamo a tutti Buon Natale.


Affresco di Madonna con Bambino. San Benedetto e San Donato, dall'oratorio di San Donato di Maroni
pubblicata nel 1917 da Don Germano Alberti in
Cenni Storici della vecchia e della nuova Chiesa di San Donato in contrada Maroni di Valpantena,
Arti Grafiche Chiamenti, Verona

Con il prossimo post vi daremo conto della storia dell'affresco e dell'Oratorio.

mercoledì 21 dicembre 2011

OSSERVATORIO BACOLOGICO A GREZZANA

Cos'è un Osservatorio Bacologico e a cosa serviva?
Gli studi di Pasteur (tra il 1865 e il 1870) sulle malattie del baco da seta e sulla selezione cellulare delle farfalle,  aprirono nuovi orizzonti; sorsero perciò in tutta Italia Osservatori Bacologici per migliorare il seme atto alla riproduzione del bombice.
Gli Osservatori impiegavano soprattutto mano d'opera femminile.
Le operazioni di selezione consistevano nell'ammasso dei bozzoli e nella selezione dei più vigorosi o "puri". Il prodotto di prima scelta era detti "il reale".
Nello "sfarfallo" l'insetto rompe il bozzolo; i maschi venivano separati immediatamente dalle femmine per non avere accoppiamenti non selezionati.
Dopo l'accoppiamento pilotato la femmina era inserita in sacchetti dove deponeva le uova.
Si procedeva quindi all'esame al microscopio di uova e farfalle per evidenziare malattie genetiche (soprattutto la pebrina).
Si procedeva poi al lavaggio delle uova, procedimento lungo e faticoso a cui succedeva l'asciugatura e l'ibernazione.
La semenza ottenuta da queste selezioni era pronta per la distribuzione ai contadini.
O meglio, alle contadine, che mantenevano i semi sotto il seno, dentro la pezzuola di lana. Una incubatrice naturale e domestica.
Come diceva il proverbio "A SAN ZEN LA SEMENZA IN SEN".. La schiusa doveva avvenire quando i gelsi gettavano germogli, affinchè i bachi ( i cavaleri) potessero essere alimentati adeguatamente.

La bachicoltura era una fonte di reddito per tantissime famiglie contadine della Valpantena; nella Cantafèra raccolta dal Ballodoro nel 1850 di cui diamo conto con una memoria (v. post precedenti) gli abitanti di Poiano vengono definiti bati falope da Pojan, dove le falope stanno per: bozzoli non condotti alla perfezione (v. note a piè di pagina del Balladoro). La Cantafèra era un presa in giro e come tale va letta e interpretata.


Foto Archivio CiVivi Il mercato di Grezzana all'inizio del Novecento
Ingrandendo nella parte alta, si ricava una scritta: OSSERVATORIO BACOLOGICO.
La casa è subito dopo la Canonica.

MAPPA DI QUINTO DELLA FINE DEL SEICENTO

Fotografia di una mappa conservata da un abitante di Quinto.
La mappa, copia di precedenti, porta la data 1693 ed è stata eseguita dal cartografo Sebastiano Ciprian.
Negli ingrandimenti si notano alcuni particolari interessanti.



Ingrandimento dalla stessa mappa del piccolo borgo. Altro particolare della zona Chiesa.


Un particolare della mappa che descrive il paese di Quinto ne 1693. Si noti  il grande edificio a corte Eredi Fredo; a fine Seicento portava una torre colombara e il proprietario era un tal Caliaro, come cita la mappa, probabilmente il committente che ne ordinò la stesura.
E' ben evidente nel disegno anche la croce che si trovava all'incrocio, vicino a Villa Bertani e a Villa Zenatello (ora Casa di cura).
La croce fu tolta negli anni Sessanta. La località era comunemente chiamata La crose e durante le Rogazioni e ill Corpus Domini  la processione  girava intorno alla croce.  



NOTIZIE SUL CARTOGRAFO SEBASTIAN CIPRIAN DETTO ROCCATAGLIATA

In origine la famiglia si chiamava Roccatagliata (famiglia di cartografi) ma presero il nome dal capostipite Cipriano Roccatagliata.
Sebastiano Ciprian o Cipriano, che ha ricopiato e firmato la mappa per una petizione ai Beni Inculti, su commissione del proprietario era un ingegnere, forse figlio di Girolamo e probabilmente padre di Zuane; condivide la sorte onomastica di costoro. Dai documenti dell’ASVr, vien dato attivo fra il 1638 e il 1658. Risultando così collega di Scola, Bonotti, Dante, Zamboni, del più vecchio degli Alberti e dei Cuman, gli ultimi dei quali egli copiò verso la fine del secolo 1692 1699).
Con  Iseppo Cuman  e Gio. Batta Dante lavorò assieme in alcune circostanze. La quindicina scarsa di sue carte possedute dal detto istituto attestano suoi interessi specifici sull’isolano. […]
E’ un cartografo onesto, senza particolari caratteri propri. Nella sua committenza si trovano i Mazzanti, i Moscardo, i Peccana, i Pindemonte.

martedì 20 dicembre 2011

IL RICAMO A TOMBOLO - raccontato da Antonia Ceschi nata Grezzana nel 1924

Foto da Internet
Mi sono rimaste sei amiche a Grezzana e da grandi ci trovavamo insieme sempre, si giocava a carte o a tombola.
Noi ragazze da giovanissime  andavamo dalle suore a ricamare. Se fasea el punto Venessia;  col tombolo, si mette dentro il legno .(il fusello).. quando è nato il Principe Vittorio Emanuele le Nobildonne di Napoli le à ordinà de far una copertina con due angeli di pizzo che l'era una meraviglia. L'ordine era stato fatto a Venezia ma lo davano a noi.
Ci facevano fare lavori su commissioni. I g'avea ordinà alle suore una tovaglia grandissima con tanti tovaglioli, una tovaglia principesca, e le suore mi avevano insegnato come fare. Suor Clelia era bravissima. Facevamo il tombolo con il filo sottile. C'era la stanza vicino alla chiesa di Grezzana; quante ne abbiamo fatte lì! ...erano le suore della Misericordia.
Suor Clelia era una santa dona, era bravissima e buonissima. Nel lavoro a tombolo c'era il ghipur che era il fisso il lievo che era la rifinitura sopra del fiore e poi le sbare che tenevano unito il pizzo e la rete.


Il ricamo a tombolo - Immagine da Internet (da Arte e Ricamo.com)



Da Internet - Tovaglia a punto Venezia



lunedì 19 dicembre 2011

VILLA MAROGNA GIUSTI PUTTINI A STELLE

S. Maria in Stelle - Villa Marogna Giusti ora Puttini del 1400

Il bel portale quattrocentesco

  
Pubblichiamo l’intervista che i ragazzi di Quinta delle Scuole Caliari di S.Maria in Stelle hanno raccolto e pubblicato per la loro biblioteca scolastica, anno 1999-2000, insegnante M.Laura Luparelli.
L’intervista è il riassunto dei ricordi di Augusto Bragantini che ha vissuto nelle pertinenze della villa D’Arco - Giusti ora Puttini dal 1944 al 1970, curandone il fondo agricolo.
“Nei locali che contornavano le due corti, qualla anteriore e quella posteriore, dove si trova anche la costruzione residenziale, vivevano in tutto sei famiglie.
I quattro fratelli Bragantini abitavano nella struttura anteriore e altre due famiglie in quella posteriore. In tutto erano trenta persone di cui venti bambini tra piccoli e in età scolare.
Le sei famiglie si dedicavano a coltivare i campi in qualità di mezzadri (circa sessanta campi) e a allevare animali: maiali, polli, conigli e anatre.
Vivevano bene, con agiatezza. Vigeva allora uno stile di vita patriarcale dove il più grande di fratelli guidava il gruppo nel lavoro e nelle scelte.
Anche tra le donne la più anziana era la più rispettata ed era motivo di unione nel gruppo.
Le quattro famiglie dei Bragantini conducevano una vita in comune, scandita dal lavoro, dai pasti e dal riposo.
I bambini, tutti cugini, dormivano insieme ma in stanze separate tra femmine e maschi.
Il signor Bragantini ricorda anche di aver dormito in una parte della torre colombara adibita a camera.
Ricorda che un giorno, da un foro che si era aperto in cantina, scoprirono attraverso un cunicolo, un pavimento fatto a mosaico.
E’ quasi certo che la villa fu costruita su una struttura preesistente, forse d’epoca romana.
C’era anche una stanza chiamata cania che serviva come cantina per mettere le ccose al fresco e sembra sia stata una sala per le saune nel periodo romano.
Nel mezzo della seconda corte c’era una grande pila dove si abbeveravano le bestie, mentre davanti e intorno alla casa dei signori, passava una canaletta in pietra dove scorreva l’acqua che utilizzavano in casa e nel brolo.
I Bragantini mangiavano tutti insieme e il pranzo veniva servito a tutti in una grande stanza dove c’era un lungo tavolo. Stare insieme a mangiare era un momento di gioia e di incontro tra le persone.
L’attività dei campi occupava non solo gli adulti ma anche i bambini maschi più grandi; dopo la scuola dovevano raccogliere e sistemare la legna oppure fare da guida ai buoi quando aravano la terra o portare al pascolo le mucche. Spesso guardavano con invidia quelli che potevano giocare.
Le bambine invece sbrigavano con la mamma i lavori di casa.
La villa allora veniva chiamata Villa del Lila. […] Era di propietà dei Padri Comboniani che l’avevano avuta in dono da una cameriera, ultima erede.
Nell’abitazione viveva Don Gastone Grigoli con la perpetua.
Don Gastone era un prete molto rigido ma amava coltivare li fiori e precisamente le dalie. Si dice che ne avesse più di trecento che portava in chiesa; durante l’inverno le faceva mettere a riposo. Era geloso delle sue dalie e non voleva che nessuno le toccasse o le prendesse.
Si diceva anche che nelle stanze della villa ci fossero numerose pitture che in parte vendette al pittore Tremante di Gazzego.
Quando Don Gastone si assentava il signor Bragantini andava a dormire in villa per far compagnia alla perpetua; aveva quindi l’opportunità di girere indisturbato per i locali."
Segue una accurata trascrizione dei passaggi di proprietà della villa.

sabato 17 dicembre 2011

ANTICA ATTIVITA’ LOCALE DI S. MARIA IN STELLE E DELLA VALPANTENA.


Tavola tratta da: L'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert, Agricoltura, trad. it., Libri Italia.
 
Laura Luparelli Insegnante a S.Maria in Stelle fino all’anno scorso, ha svolto con gli alunni della classe quinta dell’anno scolastico 1999-2000 una ricerca sulla bachicoltura in Valpantena
Trascriviamo alcuni  passi  della ricerca:
 
Nel Settecento a Verona venivano immessi sul mercato quattro milioni e mezzo di bozzoli.
Nella Valpantena gli Arvedi di Cuzzano si fanno promotori di questa attività e hanno il controllo dell’intero processo produttivo.
Gli agricoltori […] sostituiscono i prati con piantagioni di gelso. […] Nella provincia di Verona ancora nel 1935 erano ben 60.000 le famiglie che si occupavano della produzione dei bozzoli. […]

Il baco da seta “Bombix Mori” […] Il suo ciclo vitale inizia da un piccolo uovo che viene deposto insieme a moltissimi altri (da 500 a 750) dalla farfalla madre dopo l’accoppiamento.
Il  lungo processo di conservazione dell’uovo (seme base o semenza) passa attraverso tre fasi:
1) l’estivazione, 2) l’ibernazione 3) l’incubazione che ha luogo circa 7-8 giorni dopo che le gemme dei gelsi germogliano, le cui foglie costituiscono l’unico nutrimento per il baco.

Tutto il processo che portava alla maturazione del seme era a carico delle donne adulte di casa che provvedevano a tenere il seme al caldo, avvolto in una pezzuola e e infilato sotto il corpetto  mantenendo in tal modo la semenza ad una temperatura costante di circa 25 gradi. Di notte lo conservavano sotto il cuscino, per non interrompere il processo di incubazione. 

[…] dopo la nascita (il baco) passa dallo stato di larva allo stato di crisalide in 60-70 giorni, nutrendosi delle foglie di gelso messe sulle arele sostenute da un telaio di legno […] il baco mangia giorno e notte e subisce quattro mute  […] Verso la fine del ciclo larvale il baco non prende più cibo, si rimpicciolisce, si sposta dal letto dove si trova alla ricerca di un piccolo spazio privo di foglie (il bosco) e inizia l’emissione della sostanza serica e la filatura del bozzolo che è formato da un unico filo che spesso supera i mille metri.

Tutta la famiglia si dedicava a spelar il bosco dei cavaleri. I bozzoli erano raccolti nelle lenzuola e portati alla filanda. Qui le prime operaie a intervenire erano le spelarine che toglievano ai bozzoli la spelaia (sericina), filo lanoso che avvolgeva il bozzolo esternamente.

 In seguito i bozzoli venivano messi nei forni di essicazione per far morire la crisalide.

Seguiva la cernita a seconda  […] delle grandezze e della forma. L’operaia filandiera metteva i bozzoli a macerare nell’acqua calda e poi la scoatina cercava il capo del filo di ogni bozzolo e lo passava alla compagna filiera,che univa insieme due o tre capi, li attorcigliaava facendoli diventare un unico filo uniforme e più consistente. Il filo avvolto a l’aspo era messo nella camarina ad asciugare
La filatura
Tavola tratta da: L'Encyclopédie di Diderot e D'Alembert, Agricoltura, trad. it., Libri Italia.

venerdì 16 dicembre 2011

RACCONTATO DA GIOVANNI SALVAGNO nato a Grezzana nel 1927

La Madonna della Chiesetta dell'Altarol a Poiano/Clocego
Nel restauro del 1883 a cura di Claudio Montolli è stata messa in luce la data 1465.
Immagine tratta da La Madonna dell'Altarol edita dalla Comunità Parrochiale d Piano a cura di R.Tezza e B.Pasini, 1999

Me ricordo uno da Lugo  quan el passava da l’Altarol el fasea la lemosina a la Madona parchè moresse el Duce; el ghe disea:  “Ardè Madona de nar torlo, savìo, se volì ancora la lemosina!”

giovedì 15 dicembre 2011

INTERVISTA A GIORDANA MANTOVANI NATA A MARZANA nel 1948

Foto Fam. Mantovani - Giordana recita una poesia in una festa della comunità.


DATA DELL’INTERVISTA E LUOGO Marzana 15 febbraio 2010
I nonni di Giordana avevano un'osteria con i giochi delle bocce. Il padre lavorava come letturista all’AGSM ed era sempre attivo nelle Opere della Parrocchia. Suonatore, apparteneva alla Corale di Marzana. Organizzatore e animatore di feste, ricorrenze, sagre e della Corale del paese.

Giordana riferisce della Colonia degli Orfani di Guerra.
Ricorda: “Mi ricordo quando andavo a scuola elementare che quando pioveva veniva il maestro con la carriola piena di tabarri scuri per i buteleti  della colonia. Ero bambina ma provavo per loro una grande tristezza! Erano soli, non avevano nessuno, poverini.”

La Colonia degli Orfani di Guerra e, in fondo, la Scuola Agraria Marco Antonio Bentegodi e Marzana
Della Ida racconta:
“La casa della zia Ida aveva un terrazzino dove la Ida teneva i suoi fiori. Sotto, col tempo, hanno fatto la verandina di legno dove si stava noi a ricamare.  Quanto abbiamo giocato e quanto abbiamo pregato. Si pregava per avere in premio la storia e si ricamava per poter andare poi fuori a giocare! Paolo Mulini ha ancora un centrino ricamato da lui. Sì, ricamavano anche i maschi. Con la Ida si facevano le recite.

Vicino alla Ida abitava la Tedesca. Parlava tedesco, per questo la chiamavano così. Quando sono tornati dei parenti che erano emigrati in Germania a fare i muratori (erano proprio bravi muratori che hanno fatto impresa) hanno chiamato la tedesca a tradurre per la moglie di uno di questi”.
La scuola elementare di Marzana aveva un solo piano, poi ne hanno aggiunto un altro.
Nel tempo libero o alla ricreazione si giocava a:  pega o peta, s’cianco. Elo coto el pan.
Il Tutù musseta me lo facevano  seduta a cavalcioni del piede dell’adulto. 
Per dormire i genitori mi cantavano La Vergine degli Angeli.

Giordana giocava in strada molto e liberamente, come tutti i bambini del tempo. In strada si ricorda che si gridava “macchina!” quando ne arrivava una. Poi si riprendeva il gioco.
Dalla Ida si giocava liberi, tantissimo. Con il sialeto de lana fatto a uncinetto si faceva la gonna e la si faceva ruotare. Ricordo l’invidia per una bambina che aveva uno scialle viola molto grande e ruotava meglio degli altri.
Un gioco che ha ben presente è il gioco di equilibrio sul muro dalla Stra alla Chiesa: chi resisteva di più senza cadere.

Giordana possedeva giocattoli procurati  da  un parente.  Una macchinina, un aereo ma anche alcune bambole. Si ricorda dei giochi delle figurine con le immagini delle attrici. Si compravano da la Fruti (la Virginia).
L’osteria dei suoi nonni fu ceduta al Momi. Dove si giocava a bocce fu costruita la casa per il fratello Luciano.


SOPRANNOMI  DI MARZANA riferiti da Giordana Mantovani:


Nino del Frate   di Quinto  suonatore (detto anche  Santa Pasqua per un suo vezzo a ripetere)
Biciclin e el musso de Biciclin
Silvano Brisòla
Mario Pitor autore della “cavra che fa el vin” diventata simbolo delle sagre
El Boeto
El Mola
La Ina Pitota
Rocheto (el Fila)
Gina Moro Coa (emigrata in Brasile)
Gina de Primo
El Becarle (Pinaroli)
Bepi Fogo
La Franca Campanara
La Fruti – Virginia
La Tedesca

lunedì 12 dicembre 2011

RIPARO TAGLIENTE

Visita dei soci CiViVi all'importante sito acheologico accompagnati dal prof. Tagliente.



   
Riparo Tagliente a Stallavena è un riparo sottoroccia che ha visto una lunga frequentazione umana e quindi restituisce una interessante sedimentazione di reperti;  è il caso di dire che ha reso la preistoria della valle di interesse internazionale.
Il  Riparo fu frequentato dall'uomo di Neanderthal. Da anni il sito è oggetto di scavi.
Fu scoperto nel 1958 dall’archeologo veronese Franco Tagliente. Durante gli scavi è stato rinvenuto pressoché integro un guerriero inumato durante un rito degli antichi epigravettiani, circa 12.000 anni fa. Ai piedi del defunto era stata posta una pietra con inciso un leone delle montagne e delle corna di bisonte, attualmente esposti al Museo di Storia Naturale di Verona. Sono stati ritrovate, oltre a numerosissimi strumenti litici e schegge di lavorazione, anche raffigurazioni di stambecchi, uri e leoni incisi sia su ossa di grandi erbivori che su pietra.
Purtroppo il sito non gode di una valorizzazione adeguata, stretto com'è tra i capannoni.
Fotografia di G.Consolati  e M.Venturi 2000

PREISTORIA


Strumenti litici raccolti a Monte Cucco
Fotografia di G. Chelidonio per la Mostra Fotografare la Valpantena

giovedì 8 dicembre 2011

CAPPELLA DI SAN LORENZO A SAN FELICE EXTRA

S. Felice Extra - Villa Corsi Cappella di San Lorenzo
Foto per Architetture della Valpantena , anno 1999

La villa è un dignitoso edificio padronale con rustici e fondo agricolo.
Una lapide sull'edificio cita la provenienza  della famiglia Corsi dalla località Sasso di Poiano e le benemerenze acquisite.
L'insediamento a San Felice dei Corsi  è del 1795; la propietà è successiva, nel 1807.

mercoledì 7 dicembre 2011

OSTERIA MENEGAZZI DEI BELLORI

La storica Osteria dell'Anguilla  (locanda e trattoria Menegazzi) dei Bellori
dal manifesto CiViVi Architetture della Valpantena
Foto M. Venturi 1996


Foto Archivio CiViVi
L'edificio rappresentava un raro esempio  di architettura cimbra in media valle,
prima di diventare oggetto di una ristrutturazione non filologica. 

OSTERIA DEI BELLORI "DAL MENEGASSO"


Questa foto regalata dalla socia Laura Bonetto, testimonia la vitalità dell'Osteria Menegazzi ai Bellori di Lugo.
La foto si colloca nei primi anni Sessanta. Da Menegazzi si poteva mangiare con pochi soldi e con poche pretese.

Queste fotografie sono una preziosa testimonianza storica, non unica, ma sicuramente rara
perchè sono tra le prime fotografie a colori di un luogo della valle.

martedì 6 dicembre 2011

EL FULVIO CARETIER



Cugino del Giovanni Salvagno, detto Nani Salàta, carettiere.
Qui vediamo Fulvio fotografato da Arturo Slemer sul birocin, mezzo leggero di spostamento.
Giovanni ci aiuta a leggere la foto e racconta:
Fulvio  el stasea  dove gh'è adesso la rotonda de Gressana, lì el gavea  la stala e el fasea el caretier.
Fulvio Salvagno, classe 1912, el portava i sassi rento a Galtarossa par netàr le scorie de fero.  La foto del Fulvio l’è dopo la guera, secondo mi, ... de sicuro.

MULINO DEI BELLORI

Nei pressi di Lugo di Grezzana, località Bellori
Questo esempio di architettura rurale a corte chiusa è tipico della Valpantena-Lessinia.
L'edificio si trova nei pressi dell'antico mulino idraulico del XVI secolo che è rimasto funzionante fino al 1956.
Il mulino è stato recentemente restaurato a scopo didattico.
Fotografie per il Manifesto delle Architetture della Valpantena
Foto G. Consolati 1999

lunedì 5 dicembre 2011

S. MARIA IN STELLE

Bello scorcio di Santa Maria in Stelle.
La chiesa, sicuramente esistente nel X secolo, fu ricostruita nella forma e nelle dimensioni attuali nel secolo XV e venne consacrata l'11 dicembre 1491dal Vescovo Antonio Zio, ausiliare del Vescovo di Verona Cardinale Giovanni Michiel.
Notizie da L.Antolini,  L'Ipogeo di Santa Maria in Stelle, 1995
Foto da Architetture della Valpantena CiViVi

A SCOLA COMUNALE

A proposito de famei. Gh’era un fameio e la maestra la dise a me mama:
“L’è tanto bravo sto bambino … mandelo a scola almeno un’ ora al giorno”

Me mama la g’à dito: “ La ghe le diga ela parchè mi  no conto niente”.

Allora è andata la maestra a parlare con la famiglia e l’hanno ascoltata.


Poi c’erano gli esami e il bambino ha detto:
“Cossa vuto che fassa i esami mi … no passo mia!”

Me mama la g’à dito:  
“Se no te passi da la porta te passarè dal porton!”

Allora lù el gh’e andà e dopo el gh’e servio parchè l’è ‘ndà in Ferrovia!

raccontato da Antonia Ceschi nata a  Grezzana  nel 1924
Questa storia ha girato per la Valpantena fino agli anni '60 e ne conservo anch'io il ricordo. Era un aneddoto che proponeva la scolarizzazione degli umili come riscatto sociale. Veniva raccontato ai bambini con intenti educativi.

venerdì 2 dicembre 2011

Cantafèra raccolta da Arrigo Balladoro

Introduzione e prima pagina

Cantafèra raccolta da Ettore Scipione Righi nell'ottobre del 1850 per bocca dell'accattone Angelo Zanoni di Torbe di Valpolicella.
Ripresa da Arrigo Balladoro e pubblicata a Catania - Libreria Tirelli di F. Guaitolini
 ne "Il folklore Italiano" Anno II - 1926 n. 3 - Archivio trimestrale per la raccolta e lo studio delle tradizioni popolari italiane dirette da Raffaele Corso




La cantafèra è una lunga tiritera propria dei verseggiatori mestieranti. N. 334


N.335
Pubblichiamo le parti riguardanti la Valpantena (prima pagina e  n. 334 - 335)
Cliccare sull'immagine per renderla leggibile

LA CAVRA CHE FA EL VIN

Marzana - Festa della Corale Pietro Mascagni
Foto Archivio CiViVi
La cavra che fa el vin
Nella foto:  Sante Slemer, Stefanelli, la nipote del Momi, Placido Veronesi, Antolini detto El Mola, Bertani