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sabato 14 gennaio 2012

ALL'ASILO ANGELI CUSTODI DI QUINTO


All’asilo sono andata dalle Suore della Sacra Famiglia a Quinto.
  



Mi portava lo zio Bepi, con la Vespa. Alla Chiesa abitava Camillo. Faceva il sarto da uomo e talvolta con il bel tempo cuciva fuori, in strada.
Io passavo in Vespa e lo zio mi faceva dire al volo, tutto d'un fiato:
- Camilo longo sotilo, streto de pansa, Camilo sensa creansa. -
Si scappava ridendo come matti. Camillo faceva finta di arrabbiarsi.

All'asilo, se pelavamo le patate novelle  raschiandole col cucchiaio, ci regalavano un cucchiaio di farina lattea. Il latte in polvere, alimento sconosciuto dalle nostre parti dove il latte si prendeva direttamente dalle mucche, era parte degli aiuti del Piano Marshall  per l’Italia.

I tavoloni del refettorio erano pieghevoli e avevano il buco per la scodella, per evitare rovesciamenti. Si mangiava solo con il cucchiaio, per prudenza.
Il pranzo consisteva in minestra o pastasciutta. Si portava qualcosa da casa, col sacchetto di tela o il cestino.

Eravamo così tranquilli e irreggimentati … . Nessun turbamento, nessun conflitto, nessuna ribellione. Anche i più vivaci venivano domati.
O almeno nei miei ricordi c'è una scuoletta tranquilla, ordinata... di bravi bambini.
Una cosa è successa, però. Proprio con quei tavoli con il buco per le scodelle. 

I tavoli venivano impilati uno sopra l’altro,  per fare spazio nella saletta, e venivano spostati contro il muro. Con Renzo M. abbiamo fatto il dondolo, aggrappandoci al bordo del primo tavolo aperto e i tavoli impilati sopra ci sono caduti addosso. Io mi sono rotta il setto nasale e Renzo qualcos’altro, i denti davanti, credo. Quanto sangue può uscire dal naso!

All’asilo però non ci volevo più andare, non mi piaceva, non so perché. Mi piaceva molto Suor Sofia, sempre dolce e sorridente.
Le suore erano buone ma a me non andava di stare seduta a dormire con la testa sul tavolo o a giocare con tre mattoncini di legno senza potermi alzare dalla sedia.
Con zia Angela, alla Strà, stavo bene e giocavo in corte o in bottega. Quando veniva il rappresentante delle lampadine le provava tutte, avvitandole una a una. Mi cantava: Evviva la torre di Pisa che pende che pende … e io ero felice, era come se a Pisa ci andassi tutte le volte.
Il cortile della Maria Latàra aveva dei sassolini brillanti e io ne facevo raccolta, come fossero tesori.

Con zia prendevo il tram e andavo a Verona, a fare spese. Il tram mi faceva venire la nausea.
"Sia, gò angossa"
"Se fermemo a Poian e te compro la gazzosa".
E poi? Si aspettava il tram successivo!
I tempi lenti, cosa ora sconosciuta ai giovani, erano una bellezza.
Ricordo i giochi  che si giocavano  all’asilo: Salto Biralto, Su e zo sessantanove, Fila longa, Ruda ruda, Saltar a la soga con Cameriere comandi un caffè, Elo coto el pan, Girotondo, la Solitudine, Rosa roseta, Maria Giulia, l’Ambasciatore, Le pecorelle fa be be, Angeli e diàoli, Careghina d’oro e tanti altri.
I maschi giocavano a girotondi solo quando erano piccoli, tre, quattro anni. Quelli di  cinque giocavano  solo se la suora li obbligava. Loro preferivano giocare a Darsela, Sconderse, Salta moleta che vegno.

Col bel tempo si andava in passeggiata sui monti. C'era un antico sentiero che partiva dall'asilo e arrivava sulla via per San Vincenzo. Quella era la nostra consueta passeggiata.

Qualche volta seguivamo i funerali. Ci davano una mantella scura e un basco. 

Noi non sapevamo dare senso alla morte, non ci riuscivano neanche gli adulti anche se nel mondo contadino nascere, riprodursi e morire era molto più scontato. La mortalità era altissima, soprattutto la mortalità neonatale e infantile.
Men che meno, noi bambini dell'asilo,  sapevamo dar senso alla nostra presenza in processione, verso il cimitero; tuttavia capivamo che con quella partecipazione eravamo parte importante della nostra piccola comunità e stavamo zitti e buoni.
M.V.

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