"Se volgiamo à man destra i passi lenti troviam le mura aperte in quella parte, che scopre il piano e i monti più eminenti: la Valpantena sembra fatta ad arte..." Queste poetiche parole le scrive nel 1617 Adriano Grandi in "Le bellezze di Verona".
Prima di lui Francesco Corna da Soncino nel 1477 nel suo "Fioretto de le antiche croniche de Verona e de tuti i soi confini" descriveva una valle idilliaca, segnata da vallicole e sorgenti, fontanelle amene e apprezzati vitigni di cui la Valpantena, (e non solo per onor di rima), "...abbondanza mena".
L'Abate Pietro Caliari un secolo fa apriva un suo romanzo con un saluto alla valle: "Salve amenissima vallata, il tuo aspetto felice e pittoresco, i tuoi lineamenti armoniosi, il tuo paesaggio fine ed amabile, la tua lirica bellezza ci si dispiega dinanzi..."
Ma riusciamo ancora a trovare in Valpantena, a due passi dalla città, scorci e panorami di grande suggestione..... luoghi che ritemprano lo spirito e la mente, luoghi apprezzati da gitanti e sportivi, in cerca di stradine non trafficate e di sentieri salutari a smaltire lo stress del quotidiano.
LA VALLE
Su un poggio soleggiato apre alle valli (Valpantena e Valsquaranto) la sentinella del territorio: il Castello di Montorio.
Dall'altra parte,sul versante occidentale un altro castello (castel San Felice) eretto da Giangaleazzo Visconti e demolito con la pace di Lunenville, faceva il paio e dava segnali di potenza ed onnipresenza sul territorio extra urbano.
Dal castello di Montorio proseguendo in dorsale, tra la chiesetta cadente di San Venerio (vecchia di mille anni) e l'antico monastero di S. Fenzo (o S. Fidenzio) si scopre Forte Preara, austro-ungarico, costruito dopo 1860 sotto la guida del Colonello Andreas Tunkler von Treuimfeld esperto in fortificazioni militari.
Il Forte, chiamato familiarmente anche Forte John, faceva parte con gli altri edifici militari dello stesso periodo, di una ampia rete difensiva per le armate di Radetzky, avente come fulcro il campo trincerato che comprendeva 12 forti.
Le nuove artiglierie ideate dal Generale Piemontese Cavalli costrinsero gli Austriaci ad allargare la linea difensiva con la costruzione di altri sette forti, compreso Forte Preara e la Batteria posizionata sul Castello di Montorio
Poco discosto al Forte si erge un antico bètilo, la Prea Fitta o Piloton che il Grancelli ipotizza essere servito come punto di orientamento nella fondazione di Verona Romana.
Una cosa è certa: il Piloton segna un incrocio di strade che nell'antichità dovevano avere più importanza di quanta ne hanno ora; il bètilo è molto antico ma non è stato datato con indagine scientifica.
Poco distante su un poggio a rilievo chiamato Monte Pipaldolo, si conserva un villaggio fortificato del Bronzo Medio, ancora in fase di studio.
È un villaggio difeso da poderose mura a sacco, (riempimento di materiali tra due strutture murarie). Presenta impronte di focolari e capanne.
Dietro San Fenzo spunta Monte Tesoro, luogo che ha suggestionato chi si occupa di scienze esoteriche. Certamente il colle è ancor oggi luogo di grande spiritualità in una continuità storica che dà spessore al tempo.
È sede di una Casa per Ritiri Spirituali molto conosciuta e frequentata.
Intorno al colle di Monte Tesoro è ancora visibile il fossato e parte di una fortificazione protostorica (un villaggio d'altura) realizzata con pietre di raccolta. Si parla anche di reperti d'epoca romana (l'ara romana che sostiene la mensa dell'altare dell'antica chiesetta di S. Fenzo proviene da questo luogo).
IL PANORAMA E LE VILLE STORICHE
Descrive il Caliari in apertura del suo romanzo sull'Angiolina Lonardi "...in una conca fresca e fiorita di verzieri si distende il beato paesello di Novaglie... e di là presso la chiesa si ammira uno dei più magnifici panorami che si possano immaginare..."
Prima di lui Francesco Corna da Soncino nel 1477 nel suo "Fioretto de le antiche croniche de Verona e de tuti i soi confini" descriveva una valle idilliaca, segnata da vallicole e sorgenti, fontanelle amene e apprezzati vitigni di cui la Valpantena, (e non solo per onor di rima), "...abbondanza mena".
L'Abate Pietro Caliari un secolo fa apriva un suo romanzo con un saluto alla valle: "Salve amenissima vallata, il tuo aspetto felice e pittoresco, i tuoi lineamenti armoniosi, il tuo paesaggio fine ed amabile, la tua lirica bellezza ci si dispiega dinanzi..."
Ma riusciamo ancora a trovare in Valpantena, a due passi dalla città, scorci e panorami di grande suggestione..... luoghi che ritemprano lo spirito e la mente, luoghi apprezzati da gitanti e sportivi, in cerca di stradine non trafficate e di sentieri salutari a smaltire lo stress del quotidiano.
LA VALLE
Su un poggio soleggiato apre alle valli (Valpantena e Valsquaranto) la sentinella del territorio: il Castello di Montorio.
Dall'altra parte,sul versante occidentale un altro castello (castel San Felice) eretto da Giangaleazzo Visconti e demolito con la pace di Lunenville, faceva il paio e dava segnali di potenza ed onnipresenza sul territorio extra urbano.
Dal castello di Montorio proseguendo in dorsale, tra la chiesetta cadente di San Venerio (vecchia di mille anni) e l'antico monastero di S. Fenzo (o S. Fidenzio) si scopre Forte Preara, austro-ungarico, costruito dopo 1860 sotto la guida del Colonello Andreas Tunkler von Treuimfeld esperto in fortificazioni militari.
Il Forte, chiamato familiarmente anche Forte John, faceva parte con gli altri edifici militari dello stesso periodo, di una ampia rete difensiva per le armate di Radetzky, avente come fulcro il campo trincerato che comprendeva 12 forti.
Le nuove artiglierie ideate dal Generale Piemontese Cavalli costrinsero gli Austriaci ad allargare la linea difensiva con la costruzione di altri sette forti, compreso Forte Preara e la Batteria posizionata sul Castello di Montorio
Poco discosto al Forte si erge un antico bètilo, la Prea Fitta o Piloton che il Grancelli ipotizza essere servito come punto di orientamento nella fondazione di Verona Romana.
Una cosa è certa: il Piloton segna un incrocio di strade che nell'antichità dovevano avere più importanza di quanta ne hanno ora; il bètilo è molto antico ma non è stato datato con indagine scientifica.
Poco distante su un poggio a rilievo chiamato Monte Pipaldolo, si conserva un villaggio fortificato del Bronzo Medio, ancora in fase di studio.
È un villaggio difeso da poderose mura a sacco, (riempimento di materiali tra due strutture murarie). Presenta impronte di focolari e capanne.
Dietro San Fenzo spunta Monte Tesoro, luogo che ha suggestionato chi si occupa di scienze esoteriche. Certamente il colle è ancor oggi luogo di grande spiritualità in una continuità storica che dà spessore al tempo.
È sede di una Casa per Ritiri Spirituali molto conosciuta e frequentata.
Intorno al colle di Monte Tesoro è ancora visibile il fossato e parte di una fortificazione protostorica (un villaggio d'altura) realizzata con pietre di raccolta. Si parla anche di reperti d'epoca romana (l'ara romana che sostiene la mensa dell'altare dell'antica chiesetta di S. Fenzo proviene da questo luogo).
IL PANORAMA E LE VILLE STORICHE
Descrive il Caliari in apertura del suo romanzo sull'Angiolina Lonardi "...in una conca fresca e fiorita di verzieri si distende il beato paesello di Novaglie... e di là presso la chiesa si ammira uno dei più magnifici panorami che si possano immaginare..."
Non possiamo che confermare, invitando gli esteti e i poeti a soffermarsi anche su un altro paesaggio di grande suggestione: la conca di Villa Balladoro.
Questi terreni che già appartennero alla Fattoria Scaligera si aprono su Campagnola, e invitano ad un esame più ravvicinato.
Ed è così che si scoprono stradine tranquille in un paesaggio sereno.
La villa Balladoro-Malfatti, del Seicento, è una delle più belle della valle.
Alle sue spalle si possono esplorare i freschi boschetti che le fan da corolla e si può sostare alla fontana di Franzago cercando anguane e striosse, fade e ninfe... (si dice che qui esistano ancora).
Da Nesente si può salire la vallicola che parte a ridosso dei villa Murari Brà per arrivare a Gazzego, a ristorarsi alla sua fontana nel silenzio più assoluto.
La strada pedemontana (che si presta a gite fuori-porta in bicicletta), prosegue poi per Vendri, dove si viene accolti da due splendide ville: la settecentesca Villa Bisoffi (meno conosciuta e probabilmente anteriore) e Villa Giusti di Vendri del 1500.
Anche Santa Maria in Stelle, si presenta al visitatore con due celebri ville (sempre dei Giusti): una a destra in conca (del quattrocento dall'eredità Montagna) e una all'imbocco del Sentiero Natura (Giusti-Bianchini) con un bel loggiato cinquecentesco opera di Bartolomeo Ridolfi; ma la perla di S. Maria in Stelle è sicuramente l'Ipogeo che qui chiamano il Phanteon.
Accanto alla Parrocchiale (che ha già cinquecento anni) una scala scende alla struttura sotterranea, costruita nel III° sec. d.C. da Publio Pomponio Corneliano, personaggio romano di rango consolare.
L'Ipogeo canalizza e porta all'esterno le acque sorgive realizzando una architettura che risponde ad un bisogno primario: la disponibilità d'acqua.
Publio Pomponio, da buon romano, dedicò il manufatto alle Ninfe e Linfe dell'acqua. Non dimenticò neppure un voto a Giove Conservatore, trovato più distante, in un altro antico luogo della valle, San Cassiano di Quinto. Il voto è andato smarrito e la Chiesa di San Cassiano non esiste più.
Successivamente l'Ipogeo (due ambienti absidati e un lungo tunnel che si inoltra nel monte fino alla piscina limaria) venne adibito a culto cristiano. I preziosi affreschi sono del VI° - VII° sec. d. C.
Proseguendo lungo la pedemontana orientale si arriva a Sezano, a quello che fu l'antico Monastero di San Lorenzo dei Benedettini poi Olivetani (insediamento dell'860).
Ancora oggi funziona come luogo dello spirito. È aperto a coloro che vanno in pace (e in silenzio) a cercare se stessi e il senso delle cose, tra l'armonico succedersi delle coltivazioni della campagna e il verde delle colline appena solcato da stradine campestri e sentieri tra i boschi.
A Cellore, ultimo nucleo abitato del territorio comunale, sopra case padronali e umili edifici rurali parte una di queste strade che aggirando villa Cagnoli (villa che appartenne allo scienziato) porta in collina tra ulivi e viti.
Arrivati in dorsale, dopo un bell'esempio di edificio rurale a Cadelora, si può proseguire verso Gualiva e Romagnano o tornare a Maroni, sopra Stelle.
Questi terreni che già appartennero alla Fattoria Scaligera si aprono su Campagnola, e invitano ad un esame più ravvicinato.
Ed è così che si scoprono stradine tranquille in un paesaggio sereno.
La villa Balladoro-Malfatti, del Seicento, è una delle più belle della valle.
Alle sue spalle si possono esplorare i freschi boschetti che le fan da corolla e si può sostare alla fontana di Franzago cercando anguane e striosse, fade e ninfe... (si dice che qui esistano ancora).
Da Nesente si può salire la vallicola che parte a ridosso dei villa Murari Brà per arrivare a Gazzego, a ristorarsi alla sua fontana nel silenzio più assoluto.
La strada pedemontana (che si presta a gite fuori-porta in bicicletta), prosegue poi per Vendri, dove si viene accolti da due splendide ville: la settecentesca Villa Bisoffi (meno conosciuta e probabilmente anteriore) e Villa Giusti di Vendri del 1500.
Anche Santa Maria in Stelle, si presenta al visitatore con due celebri ville (sempre dei Giusti): una a destra in conca (del quattrocento dall'eredità Montagna) e una all'imbocco del Sentiero Natura (Giusti-Bianchini) con un bel loggiato cinquecentesco opera di Bartolomeo Ridolfi; ma la perla di S. Maria in Stelle è sicuramente l'Ipogeo che qui chiamano il Phanteon.
Accanto alla Parrocchiale (che ha già cinquecento anni) una scala scende alla struttura sotterranea, costruita nel III° sec. d.C. da Publio Pomponio Corneliano, personaggio romano di rango consolare.
L'Ipogeo canalizza e porta all'esterno le acque sorgive realizzando una architettura che risponde ad un bisogno primario: la disponibilità d'acqua.
Publio Pomponio, da buon romano, dedicò il manufatto alle Ninfe e Linfe dell'acqua. Non dimenticò neppure un voto a Giove Conservatore, trovato più distante, in un altro antico luogo della valle, San Cassiano di Quinto. Il voto è andato smarrito e la Chiesa di San Cassiano non esiste più.
Successivamente l'Ipogeo (due ambienti absidati e un lungo tunnel che si inoltra nel monte fino alla piscina limaria) venne adibito a culto cristiano. I preziosi affreschi sono del VI° - VII° sec. d. C.
Proseguendo lungo la pedemontana orientale si arriva a Sezano, a quello che fu l'antico Monastero di San Lorenzo dei Benedettini poi Olivetani (insediamento dell'860).
Ancora oggi funziona come luogo dello spirito. È aperto a coloro che vanno in pace (e in silenzio) a cercare se stessi e il senso delle cose, tra l'armonico succedersi delle coltivazioni della campagna e il verde delle colline appena solcato da stradine campestri e sentieri tra i boschi.
A Cellore, ultimo nucleo abitato del territorio comunale, sopra case padronali e umili edifici rurali parte una di queste strade che aggirando villa Cagnoli (villa che appartenne allo scienziato) porta in collina tra ulivi e viti.
Arrivati in dorsale, dopo un bell'esempio di edificio rurale a Cadelora, si può proseguire verso Gualiva e Romagnano o tornare a Maroni, sopra Stelle.
l toponimo Cellore deriva probabilmente da cellarius .
La Bassignano (La religione: divinità, culti,… Vol. 1° BPV) enuncia:
" Problematica è anche la funzione del cellarius, anche lui documentato a Verona, da alcuni considerato custode di un tempio, forse di Serapide, essendo ricordato in una dedica al dio egizio, da altri ritenuto invece un dispensiere o cantiniere"...
Cellulas compare per la prima volta in documenti del 908 d.C.
Nei pressi del crocevia di Cellore, poco lontano dai due capitelli una lapide ricorda come popolazioni preromane e romane avessero adibito a luogo di culto alcune grotte.
La Monografia Sormani-Moretti nel secolo scorso attesta altresì un ritrovamento archeologico di "...ben conservati idoletti" presso la villa Cagnoli Martinetti.
La villa adiacente la Chiesa dei Passionisti appartenne ad Antonio Cagnoli, brillante personaggio dell’Illuminismo che nel 1776 abbandonò gli studi giuridici e si dedicò alla fisica newtoniana e all’ astronomia nel suo osservatorio di Via Quattro Spade.
Maroni, luogo storico di passo tra Valpantena e Valsquaranto appartenne agli Olivetani di S. Maria in Organo. Sul passo, leggermente spostata a sinistra è l'antica casa appartenuta al Monastero. Porta la data 1542 e lo stemma con l'organo infissi negli antichi muri.
Interessanti sono anche i casini di caccia (ora riadattati come seconde case) appartenuti agli ultimi Giusti.
Anche l'oratorio di San Donato Vecchio, di cui rimangono resti ruderizzati, ha una storia e un affresco molto interessanti. L'affresco potrebbe essere tardomedievale. La storia la renderemo disponibile a breve; il tempo di scannerizzarla.
Interessanti sono anche i casini di caccia (ora riadattati come seconde case) appartenuti agli ultimi Giusti.
Anche l'oratorio di San Donato Vecchio, di cui rimangono resti ruderizzati, ha una storia e un affresco molto interessanti. L'affresco potrebbe essere tardomedievale. La storia la renderemo disponibile a breve; il tempo di scannerizzarla.
Gli itinerari che si dipartono da Maroni sono molteplici e tutti molto belli. È notevole il Sentiero Natura, istituito con Legge Regionale e utilizzato dalle scuole come luogo di Didattica Ambientale.
Restando invece in valle, all'incrocio dei due capitelli di Cellore una strada prosegue verso Grezzana (ora interrotta dalla Provinciale dei Lessini).
Si può però proseguire per un sentiero collinare si arriva al Borgo di Grezzana passando per la fontana sul sentiero di Valalta.
Restando invece in valle, all'incrocio dei due capitelli di Cellore una strada prosegue verso Grezzana (ora interrotta dalla Provinciale dei Lessini).
Si può però proseguire per un sentiero collinare si arriva al Borgo di Grezzana passando per la fontana sul sentiero di Valalta.
Da Cellore, superando invece il Progno (torrente Pantena) con una deviazione a sinistra si arriva a Marzana.
All'incrocio, lasciata la strada grande ci si può inoltrare nel paese fino ad arrivare al nucleo più antico ove nel medioevo era situato il castello.
Se ne può soltanto intuire la collocazione dominante e strategica perché il castello vero e proprio non esiste più da parecchio tempo.
Marzana , grazie all'abbondanza di acqua canalizzata già dai Romani in un acquedotto, fu anche centro molitorio di rilevanza.
Anche qui, come negli altri borghi della valle, la storia ha spessore.
Si parte dai Romani (i Marzii o i Valerii) che qui avevano una villa di decoro e forse un tempio (alcuni reperti sono conservati in chiesa e sulla piazza)... e si passa dal Medioevo che vede una Marzana fortificata con un castello, sui terreni che furono dell'Arcidiacono Pacifico e di Notkerio Vescovo di Verona ...
Scendendo da Lumialto (terre alte) si arriva alla chiesa di Quinto.
Da Casa Tagliapietra, un complesso rurale del cinquecento con elementi stilistici successivi, si scende passando davanti alla fontana neogotica e alla chiesa e si incontrano, nascoste da ombrosi giardini, villa Rossi della fine del Seicento, e Villa Bertani, residenza dominicale ottocentesca.
Dietro a quest'ultima si apre un bell'edificio rustico a corte , che conserva ancora la torre colombara (la parte più antica).
Verso la collina, nascosta da un muro ma aperta, si apre una bellissima fontana la cui storia è strettamente legata ad un mondo contadino in estinzione.
A questa fontana le done de la Crose facevano la lissia con l'antichissimo sistema della cenere e della broda.
Queste fontane, in pietra bianca della Valpantena con più vasche per i diversi usi, erano state costruite dagli austriaci che avevano fatto una grande opera di canalizzazione e spartizione delle acque.
Se ne trovano ancora in valle, anche se molte sono andate perdute.
Le alte mura dei broli, in questi luoghi per fortuna ancora integre, sono preziose testimonianze di una storia passata.
All'incrocio si può ammirare la tardo-settecentesca Villa Zenatello. Appartenne al Tenore Zenatello che insieme alla moglie Margherita Gay amava soggiornarvi.
Le terre intorno sono terre antiche, appartenute al Canonico Giangiacomo Preame e conservano ancora l'aspetto fertile e generoso di terre di campagna, aspetto che poco si discosta da quello del passato.
L'antica cascina (scendendo a sinistra) che risale al medioevo è certamente cambiata (ha perso la sua torre tardo-medievale ) ma ha ancora il fascino delle cose di un tempo.
La villa a valle, Villa Signorini, col suo bel loggiato e le colonne quattrocentesche, mantiene ancora integro il suo prestigio, pur modificata con interventi ottocenteschi.
All'incrocio, lasciata la strada grande ci si può inoltrare nel paese fino ad arrivare al nucleo più antico ove nel medioevo era situato il castello.
Se ne può soltanto intuire la collocazione dominante e strategica perché il castello vero e proprio non esiste più da parecchio tempo.
Marzana , grazie all'abbondanza di acqua canalizzata già dai Romani in un acquedotto, fu anche centro molitorio di rilevanza.
Anche qui, come negli altri borghi della valle, la storia ha spessore.
Si parte dai Romani (i Marzii o i Valerii) che qui avevano una villa di decoro e forse un tempio (alcuni reperti sono conservati in chiesa e sulla piazza)... e si passa dal Medioevo che vede una Marzana fortificata con un castello, sui terreni che furono dell'Arcidiacono Pacifico e di Notkerio Vescovo di Verona ...
Scendendo da Lumialto (terre alte) si arriva alla chiesa di Quinto.
Da Casa Tagliapietra, un complesso rurale del cinquecento con elementi stilistici successivi, si scende passando davanti alla fontana neogotica e alla chiesa e si incontrano, nascoste da ombrosi giardini, villa Rossi della fine del Seicento, e Villa Bertani, residenza dominicale ottocentesca.
Dietro a quest'ultima si apre un bell'edificio rustico a corte , che conserva ancora la torre colombara (la parte più antica).
Verso la collina, nascosta da un muro ma aperta, si apre una bellissima fontana la cui storia è strettamente legata ad un mondo contadino in estinzione.
A questa fontana le done de la Crose facevano la lissia con l'antichissimo sistema della cenere e della broda.
Queste fontane, in pietra bianca della Valpantena con più vasche per i diversi usi, erano state costruite dagli austriaci che avevano fatto una grande opera di canalizzazione e spartizione delle acque.
Se ne trovano ancora in valle, anche se molte sono andate perdute.
Le alte mura dei broli, in questi luoghi per fortuna ancora integre, sono preziose testimonianze di una storia passata.
All'incrocio si può ammirare la tardo-settecentesca Villa Zenatello. Appartenne al Tenore Zenatello che insieme alla moglie Margherita Gay amava soggiornarvi.
Le terre intorno sono terre antiche, appartenute al Canonico Giangiacomo Preame e conservano ancora l'aspetto fertile e generoso di terre di campagna, aspetto che poco si discosta da quello del passato.
L'antica cascina (scendendo a sinistra) che risale al medioevo è certamente cambiata (ha perso la sua torre tardo-medievale ) ma ha ancora il fascino delle cose di un tempo.
La villa a valle, Villa Signorini, col suo bel loggiato e le colonne quattrocentesche, mantiene ancora integro il suo prestigio, pur modificata con interventi ottocenteschi.
LA CITTÀ COSÌ VICINA E COSÌ LONTANA...
E IL CENTRO VALLE?
La Valpantena di oggi ha inevitabilmente perso parte delle caratteristiche agresti e, da un punto di vista strettamente paesaggistico, idilliache, illustrate in apertura, mantenendo tuttavia ancora scorci e panorami di grande suggestione, angoli preservati, luoghi che ritemprano lo spirito e la mente.
Questi luoghi sono ancora molto apprezzati dai gitanti e dagli sportivi, in cerca di stradine non trafficate e di sentieri salutari a smaltire lo stress del quotidiano.
Il centro valle della bassa Valpantena è ancora godibile sotto il profilo naturalistico e paesaggistico.
Il territorio si presenta in gran parte agricolo, di una agricoltura marginale dato la modesta estensione dei fondi ma con la presenza di alcune aziende di rilievo sul piano della produzione (e della lavorazione) vinicola.
Attualmente anche alcuni piccoli produttori di prodotti ortofrutticoli si sono organizzati per la vendita diretta di insalate, broccoli, fagiolini, zucchine, patate, fragole e ciliege, iniziativa molto apprezzata da residenti e cittadini.
Una pista ciclabile che parte da Borgo Venezia e arriva fino a Vendri garantisce un itinerario ciclo-escursionistico protetto e in mezzo al verde della campagna; l’itinerario diventa circuito se completato con l’uso delle due pedemontane ad est e ad ovest della valle. Un'altra nuova pista parte da Grezzana e arriverà a Marzana.
Le colline luogo privilegiato dell’ulivo, consentono in Valpantena la coltivazione di un prodotto di nicchia assai apprezzato, oltre a rappresentare un autentico polmone verde per la valle e la città, anche se in parte ormai il territorio collinare è purtroppo privatizzato. Le antiche marogne, utili a impedire il dilavamento della terra, costruite con lo spietramento dei magri vegri per adibirli a coltivazioni, sono state in parte abbandonate. Oppure sono state sostituite con muretti di cemento. Si è perso così un importante millenario patrimonio che in alcuni casi poteva risalire all'età del bronzo!
Se la Bassa Valpantena gode fortunatamente ancora di una buona disponibilità di territorio, verso nord i nuovi insediamenti di edilizia civile e quelli industriali più datati, hanno segnato il volto della Media Valpantena e definiranno la storia futura della bassa valle, esercitando pressioni alla ricerca di espansioni e di collegamenti viari a sud.
Paradossalmente è la preservazione del nostro territorio a renderlo ora fragile ed esposto; le pressioni sui terreni vallivi e collinari sono forti e scatenano tanti appetiti.
Nuove strade, svincoli, raccordi autostradali in galleria rappresentano le nuove minacce alla nostra Valpantena, luogo di dei, cantori e poeti, luogo amato per ciò che ancora generosamente offre.
Soltanto una oculata amministrazione del territorio, (territorio inteso come bene irriproducibile e unico) può salvare la Valpantena dalla totale cementificazione e dal disordinato espandersi di insediamenti.
Spetta all’Urbanistica disegnare l’aspetto futuro della valle. Compito non facile soprattutto se associato ad ambizioni e scalate politiche e ad interessi di parte che premono.
Purtroppo l’intervento umano, magari soltanto finalizzato alla buona intenzione di far ordine, ha ormai fatto piazza pulita delle splendide siepi riparie, punteggiate di biancospini, robinie e rose canine. Anche le preziose siepi di confine sono state eliminate o rimaneggiate considerevolmente, privando la piccola fauna di luoghi di riparo e protezione.
Le colline luogo privilegiato dell’ulivo, consentono in Valpantena la coltivazione di un prodotto di nicchia assai apprezzato, oltre a rappresentare un autentico polmone verde per la valle e la città, anche se in parte ormai il territorio collinare è purtroppo privatizzato. Le antiche marogne, utili a impedire il dilavamento della terra, costruite con lo spietramento dei magri vegri per adibirli a coltivazioni, sono state in parte abbandonate. Oppure sono state sostituite con muretti di cemento. Si è perso così un importante millenario patrimonio che in alcuni casi poteva risalire all'età del bronzo!
Se la Bassa Valpantena gode fortunatamente ancora di una buona disponibilità di territorio, verso nord i nuovi insediamenti di edilizia civile e quelli industriali più datati, hanno segnato il volto della Media Valpantena e definiranno la storia futura della bassa valle, esercitando pressioni alla ricerca di espansioni e di collegamenti viari a sud.
Paradossalmente è la preservazione del nostro territorio a renderlo ora fragile ed esposto; le pressioni sui terreni vallivi e collinari sono forti e scatenano tanti appetiti.
Nuove strade, svincoli, raccordi autostradali in galleria rappresentano le nuove minacce alla nostra Valpantena, luogo di dei, cantori e poeti, luogo amato per ciò che ancora generosamente offre.
Soltanto una oculata amministrazione del territorio, (territorio inteso come bene irriproducibile e unico) può salvare la Valpantena dalla totale cementificazione e dal disordinato espandersi di insediamenti.
Spetta all’Urbanistica disegnare l’aspetto futuro della valle. Compito non facile soprattutto se associato ad ambizioni e scalate politiche e ad interessi di parte che premono.
Testo di Marisa Venturi
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