Giochi degli anni '50.
Bastava un gradino, un muretto o un rialzo qualsiasi per giocare a Salto biralto
Salto biralto
se rompe el calto se rompe el viso
Salto in Paradiso!
e si saltava giù. C'era ampia considerazione per chi, come la Gianna, sapeva saltare da molto alto.
Girando in cerchio, sempre più velocemente si cantava:
Su e zò sessantanove case nove da fitar
daghe la papa al vecio daghela col cuciar.
oppure
O Maria Giulia
dove sei stata
alsa gli occhi al cielo
fai un salto
fane n'antro
fa la riverensa
fa la penitensa
cavete el capelin
da un baso
a ci te vol tì.
Questa canzoncina, come anche il rituale di gioco, verranno sostituiti negli anni sessanta da La bella lavanderina canzone fino allora sconosciuta in Valpantena.
In questo altro gioco, quasi sempre solo femminile, si faceva la solita conta per decidere le due capi-gioco. Queste incrociavano le mani e sollevavano le braccia a formare un ponte e concordavano sottovoce tra loro due categorie o due opposti.
Gli altri bambini, in una lunga coda, passavano sotto.
Passa passa le pecorelle che fa bè bè
fa bè bè tuta la sera dindin cavalier
Il prescelto restava imprigionato dalle braccia abbassate improvvisamente. Le capi-gioco chiedevano:
Vuto Inferno o Paradiso? Oppure Vuto bianco o rosso? o qualsiasi altra domanda che costringeva ad una scelta.
Alla risposta la bambina si metteva in fila dietro alla capo-gioco che corrispondeva alla risposta data.
Un altro gioco, simile a quello descritto era:
E' passà l'angelo co le ali de oro. Vuto Inferno o Paradiso?
oppure:
E' passà el diaolo da le mile cadene. Vuto Inferno o Paradiso?
Marisa Venturi, Rituali di gioco da Vuto che te la conta
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