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venerdì 15 aprile 2011

NOTE DI LINGUA VENETA Seconda puntata


Continuo per voi il mio piccolo Bignami di lingua veneta che ho riassunto con la lettura di Giovanni Rapelli, La lingua veneta e i suoi dialetti, Petrosini Editore 2009.


I contributi del Veneto alla lingua italiana sono più di quanto si creda.
Ciao ad esempio, nell’Ottocento s’ciao, deriva da schiavo, servo vostro, che era un modo di dire, un saluto ossequioso dei  ceti inferiori veneti.
Grazie era la formula di chiusura dei documenti di petizione alla Signoria Veneta;  nella lingua italiana compare nell’Ottocento ma era presente nel Veneto almeno fin dal Quattrocento.
Anche naja è parola veneta, ora usata ovunque, come catasto, anagrafe, contrabbando, traghetto, zattera e tanti termini marinai e marini (scampo e gransevola).
E anche fazzoletto, gnocco, scansia, vestaglia, ghetto, lazzareto,slavina, pettegolezzo, giocattolo e  arcòvolo, singolare maschile dei numerosi  archi di accesso all’Arena,  termine veronese da cógolo.

Ma anche il Veneto prende da altre lingue:
Dal greco: musina (salvadanaio), mostacio (baffo)
Dall’arabo: la naranza (arancia), l’arsenal, i bagigi (arachidi)
Dal tedesco: i schei, i bessi (soldi in entrambi i casi), la sgnapa (grappa), raus (per dire via di qui), befel  (ramanzina, ma in veronese anche parlantina arrogante,  nel senso de “star sora l’oio” o “g’ò reson mi”)
Dal croato:  sgrepani, dolina, cruco
Dal francese: grup (difterite), sacranon (da sacré nom), safèr (chauffeur), momon (bombon, dolcetto), la basùr  (abat-jour).
Una nota personale: ricordo quando mia nonna diceva “passeme el sortù” per intendere l’oliera da tavola. Credo che anche questo termine derivi dal francese, come la definizione che si usava per dire cianfrusaglie, ciarpame: ratatuia. Sempre ricordando il dialetto ruspante della mia nonna: scossal, grembiule, credo sia una derivazione dal tedesco.
Dall’ebraico: togo (tov=buono) simpatico positivo, in veronese era usato anche per definire una persona spiritosa.
Dall’idioma degli zingari Rom: gagio,  furbacchione, da cui gagiol (contadinotto, cafone) ma anche il modo di dire  ‘ndar a manghel (chiedere l'elemosina).

M.V.

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