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sabato 2 aprile 2011

COME NASCEVANO LE FILASTROCCHE?


Foto Famiglia Vassanelli  di Quinto
Località attuale: Via Vaio della Marciora
 Le filastrocche nella tradizione orale nascevano sempre per gioco; a volte per scherzo, a volte per consolare, a volte per riempire il tempo, a volte per insegnare qualcosa: le parti del corpo, i numeri, i giorni della settimana … . Sempre rispondevano a dei precisi bisogni infantili.
A volte le filastrocche erano anche canzoni di adulti adattate e fatte proprie dai bambini, per il ritmo o la musicalità.
Poi qualcuno recitava la filastrocca  e altri la ripetevano … così, all’infinito e in questo modo si trovano filastrocche e giochi simili in tutta Italia. Si avviava un percorso di contaminazione per cui ogni luogo, addirittura ogni persona, ha ora ricordi di filatrocche che si assomigliano ma non sono uguali, soltanto simili.
Perchè?  Perché i bambini si assomigliano tutti e hanno tutti gli stessi bisogni.
E in genere le filastrocche rispondono a dei bisogni importanti. 
La ninna nanna, ad esempio, rasserenando rallenta il battito cardiaco inducendo al sonno.

Ninna nanna che si cantava in Valpantena negli anni cinquanta:

Fa la nana bambin
Fa la nana bel bambin
Tra i brasseti de la mama
Fa la nina fa la nana.


Il ritmo della filastrocca ha invece un effetto rassicurante perché è ripetitivo ed è stimolante nelle sue variazioni; in genere accompagna e asseconda un movimento del corpo come il dondolio o la  battuta.


Dondolamento per gioco:

Tutu tutu musseta
La mama la va a messa
El papà el va nei campi
Con tre cavalli bianchi
Bianchi con la sela
Zo moreta bela.

Sentiamo una filastrocca veronese di scherzo che può sembrare un'offesa ma è invece un modo un po' rustico per fingere di mordere il corpo del bambino, solleticandolo e coccolandolo:

La me mama mata mata
La m’à messo ne la pignata
E me pare bocalòn
El m’à magnà in te ‘n bocon. AM

oppure (da Lugo di Valpantena)

Chi gh'è mio (si indica le labbra o la mano dell'adulto)
Chi gh'è tuo  (si indica le labbra o la mano del bambino)
Chi gh'è del ferar (si indica la testa)
Chi posso macar. (si danno dei leggeri colpi sui glutei)


Se pioveva e  il bambino non poteva uscire :
Mama, ancò piove!

La mamma  gli recitava una consolante filastrocca di intrattenimento e di scherzo:

Piove piovesina
La gata la va in cusina
La va soto el leto
La cata ‘n confeto
Confeto l’è duro
La bate el tamburo
Tamburo l’è roto
La và ‘ntel possono
El posso l’è pien de aqua
La va in piassa
La piassa l’è piena de gente
La va dal laorente
El laorente laora
La va da la sisora
La sisora la taia
La va da la fritaia
La fritaia la scota
Eviva el vecio barlota.


Giocare in casa:

Lucia Dal Corso mi ha insegnato questo gioco che si chiama  Vola el merlo; si giocava in casa nelle sere d’inverno, seduti intorno al tavolo della cucina.

Con entrambi gli indici appoggiati al tavolo i bambini dovevano rispondere al capo-gioco:
a- alzando gli indici se veniva nominato un animale che volava
b- viceversa lasciandoli appoggiati sul tavolo.
Chi sbagliava usciva dal gioco e pagava pegno.

Se il bambino diceva: “Mama g’ò fame” e non c’era ancora pronto in tavola :

G’ò fame
Maia corame
G’ò sé
Bei l’asé
G’ò sono
Metete le braghe de to nono.

Se si faceva male:

Bisia bisia sangue de gal
Quan te si guarìo no te senti più mal.

E con una carezza sulla parte dolente si attenuava il male.

Oppure:

Zin Zan
se no te guarissi ancò
te guarirè diman.

M.V.

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