Mi ricordo che c’era il tranviere ed un controllore, e i sedili erano molto duri.
Mi ricordo di quello che partiva da Parona, poi arrivava a San Giorgio, Soave, Tregnago e San Bonifacio.
Io sono andato alla festa dell’uva a Soave con i miei amici, quando eravamo ragazzi. Quella volta mi ricordo che la strada era molto stretta e le persone a piedi più di una volta hanno rischiato di cadere. Il tram era composta di cinque o sei vagoni.
Io di solito mi spostavo in bicicletta per andare in città al lavoro. A scuola invece andavamo a piedi perché era vicina.
Il mio paese erano le Basse di San Michele; erano molto piccole: una contrada con poche case.
Mi ricordo che una volta la nonna Emma fece fermare il tram perché non essendoci molto spazio, non riusciva a passare e, in mezzo alla strada, fece fermare il traffico di tutte le auto.
I giovani vedevano nella città quello che non c’era nel loro paese. Si andava in centro per divertirsi un po’ con gli amici, visto che nella nostra contrada non c’era nulla.
Non avevamo nessun timore rispetto alla città. Noi andavamo in città e ci sentivamo “padroni”.
Ci si incontrava insieme con i ragazzi di Porto San Pancrazio e di Borgo Venezia.
Molti di quelli che abitavano in campagna, con il passare del tempo, si trasferirono in città, anche per motivi di lavoro.
Il papà Massimo (nato nel 1968 a Verona Borgo Venezia) dice:
Non ricordo il tram ma solo la filovia. Era una specie di autobus con due grosse antenne attaccate ad un grosso cavo elettrico, tipo come un treno. Io non ho mai preso la filovia, ma ricordo che mia mamma la prendeva tutti i giorni per andare a insegnare alla scuola di Grezzana.
Da piccolo ho sempre abitato in Borgo Venezia e giocavo nel cortile di casa con i miei amici. A scuola ci andavo col pulmino e anche l’autobus. Mi ricordo che nell’autobus stavamo tutti stretti perch’è c’erano molti ragazzi.
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