(nome non chiaro e mancano le generalità dell’intervistato)
[…] Io andavo sul tram per andare al lavoro in città e, alla domenica, per vedere le vetrine dei negozi piene di luci e di tante buone cose da mangiare. Io andavo a piedi alla stazione del tram che si trovava a diversi chilometri dalla mia abitazione. Quando era libera usavo anche la bicicletta.
Il paese era molto piccolo con poche case, molti prati e campi, le strade non erano asfaltate ed erano piene di sassi e buche. Il centro era la piazza con la chiesa e dove si teneva il mercato.
Mi ricordo che l’inizio delle lezioni della scuola era concordato all’orario del tram perché alcune maestre abitavano in città.
I giovani della Valpantena speravano di trovare un buon lavoro in città e magari trovare la morosa che avesse un po’ di soldi.
La città per i giovani era qualcosa di sconosciuto che gli faceva un po’ di timore ma allo stesso tempo era anche uno stimolo per cercare di fare un cambiamento. I miei contatti con i cittadini erano stabili perché lavoravamo insieme, ma non avevo molte altre conoscenze.
Solo i cittadini più ricchi avevano una seconda (o terza) casa nella Valpantena e la usavano d’estate per alleviare il caldo della Verona-città.
Oltre ad avere più denaro i cittadini avevano una cultura maggiore e parlavano l’italiano pulito, non il dialetto.
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