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martedì 12 luglio 2011

INTERVISTA A TERESA NATA A S. MARIA in STELLE NEL 1933

Intervistatrice: Silvia C. II B Scuola Caperle

Teresa ha dieci fratelli ed è gemella. La sua famiglia era benestante.

[…] Il tram aveva le rotaie e le traversine erano di legno. […] il biglietto sia  per l’andata che per il ritorno lo compravo a Santa Maria in Stelle, vicino all’osteria di mio padre.
Il tram lo utilizzavo insieme ai miei amici per raggiungere la città di sabato sera per andare a mangiare le pastine di cioccolato, soprattutto all’inverno che le giornate erano più corte. A volte invece andavo con mia mamma a Grezzana.
La mia prima volta è stata quando sono andata in centro città con le mie compagne per visitare i negozi. Se non prendevo il tram utilizzavo la bici però solo dopo i quindici anni, oppure andavo a piedi.
Io vivevo in una famiglia di tredici componenti. Aiutavo in casa, possedevamo molti animali.
Appena c’era  tempo mi riunivo con i vicini e giocavamo a nascondino; andavamo a nasconderci nei granai e nelle soffitte di tutte le case del paese. Le porte delle case erano sempre aperte!
D’estate c’era la raccolta del granoturco e si caricava sul carretto. Alla sera, al ritorno, ci riunivamo a spannocchiare le pannocchie per poi mangiarle durante i canti collettivi.

Nel paese c’era il negozio di alimentari, la tabaccheria, il giornalaio.
I giovani dopo la 5^ elementare andavano a lavorare in città prendendo il tram. I lavori che si facevano ai miei tempi erano: i coltivatori.
Dopo la guerra, verso il 1950, si svilupparono le prime industrie di scarpe, la più famosa era la Rossi, c’erano anche mestieri di idraulico e di muratore.
Le ragazze restavano nel paese con le suore, a fare giri per i monti, in Via Monte Cucco. Invece i ragazzi andavano via con le bici o a piedi.

Mi ricordo che a diciotto anni ero fidanzata con Severino, il mio attuale marito. Lui aveva un nonno che si chiamava Giacomo, che per lui era un padre perché quello vero era deceduto.
Un giorno il nonno di Severino, con i suoi colleghi, aveva preso il tram per andare al lavoro; al ritorno, siccome lì vicino c’era un banchetto di animali, si era fermato a comprare una gabbietta con un canarino per portarlo a casa.
A Quinto il tram aveva frenato molto forte, si erano aperte le porte e lui cadde disteso per terra sulla strada. Da quel giorno nonno Severino entrò in coma e poi morì.

Avevo incontri occasionali con parenti di città. Avevo le cugine che prendevano il tram fino a Quinto e per venire a Santa Maria in Stelle venivano a piedi. Venivano a visitarmi soprattutto nel periodo in cui crescevano nei campi i broccoli, le ciliegie, l’olio e per tornare a casa il papà le veniva a prendere in calesse per portarsi via un po’ di roba.


Cittadini che venivano a vivere in Valpantena? Sì, io ospitavo nella mia soffitta di sei stanze due famiglie di sfollati che erano sopravissuti ai bombardamenti della guerra in città. Nelle case non c’erano ancora i frigoriferi.
Si raccoglievano le patate si sceglievano le migliori, perché c’erano quelle bucate, marce e grosse, e si davano ai maiali per farli ingrassare  per poi macellarli .
A quel tempo c’erano tante famiglie povere: le donne cucivano le calze e i maglioncini con la lana alle famiglie ricche di quel tempo, per avere in cambio da mangiare: minestrone, pancetta, salame e focacce scaldate al fuoco.
Gli uomini lavoravano nei campi ma non guadagnavano quasi niente perché prendevano tutto i mezzadri. Altre persone se non avevano niente andavano in giro a rubare il cibo.
La differenza tra paesani e cittadini? […] I cittadini erano più raffinati.






 

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