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sabato 17 settembre 2011

DEL PALAZZO GIUSTI, DISTRUTTO PER VOLONTA' DELLA SERENISSIMA REPUBBLICA

Salendo verso l'Ipogeo di Stelle, sul bivio con Via della Collina, potete identificare il luogo ove sorgeva uno dei Palazzi dei Giusti di Stelle, grazie anche ad alcuni reperti conservati in loco. Come abbiamo già avuto modo di raccontare Provolo e Zenovello Giusti furono gli autori del rapimento dell’Angiolina Lonardi a Ca’ Nova di Poiano e furono condannati per ordine della Repubblica di Venezia, a cui si rivolse il padre di Angiolina per ottenere giustizia. Dopo la decapitazione di Provolo Giusti il palazzo fu demolito.

Dal romanzo storico Angiolina di Pietro Caliari – 1884, riedizione del 1988 a cura di Luigi Antolini per la Comunità Parrocchiale di Stelle pag. 65-66, vi proponiamo la descrizione del palazzo:

“Il palazzo dei Giusti distrutto: II principale palazzo dei Giusti sorgea, nel paesetto di Stelle, a capo d'un viale ombreggiato di bossi, cipressi e lauri, de' quali talu­no ancora sussiste, e precisamente dinanzi a un ameno giardino. Era sontuoso per isfoggio di architettura, con un gran cortile che sem­brava una piazza d'arme, ed era adorno di torricelle e di logge e di saloni, ornati di tappezzerie, e di stanze vagamente dipinte da Fran­cesco Torbido e da altri. La facciata presentava molti caratteri di stile gotico, tutta incrostata di pietra viva, e, come ne fa menzione anche Scipione Maffei, nella sua Verona Illustrata, qua e là scol­pita di eleganti distici latini. Le finestre erano intorniate da fasci di colonnette, da capitelli e ricchi ornamenti a traforo, e l'ampia ter­razza, che sporgeva sul portone d'ingresso, appariva sostenuta da ca­riatidi gigantesche, eseguite, con molta grazia, da scalpello maestro.

Se però l'esterno di questo palazzo era noto a molti, bisogna dire che l'interno di esso era un mistero. Gli abitanti del paese, girando di bordo alla larga, se ne tenean sempre a rispettosa distanza, perché tutto il meraviglioso v'era avvelenato dall'aria mefitica del delitto. Noi quindi non ne abbiamo che qualche vaga memoria conservata dal volgo, il quale, credulo sempre, non cessò ancora di ritenere che vi fosser pozzi con rasoi e trabocchetti e gabbie di ferro, e tante altre diavolerie inventate dall'uomo per martoriare i suoi simili, e non cessò mai di supporre le solite ubbìe; che cioè, per esempio, chiunque, in una sera di plenilunio, fosse passato dinanzi al cancello della villa o avesse guardato giù dal poggio sovrastante, dopo il segno dei mor­ti, avrìa visto aggirarsi di qua, di là, d'intorno, di sopra e dai lati, un'infinità di fuocherelli, di lemuri e di larve bianche, azzurre, gri­gie, che svolazzavano con ali da pipistrello; e che poi, allo scocco della mezzanotte, vi si vedean dei grandissimi spettri, i quali si recavano a specchiarsi nelle fontane e nelle peschiere o si fermavano a dialo­gar sul davanzale delle finestre, o a segar bruscamente il violino sul­lo sporto della terrazza, e sulle punte dei pini, mentre altri spettri, deposto il candido mantello, abbandonavansi, roteando, a una dan­za macabra, simile a quella di Martino Schoen, o alla ridda descritta dal Goethe, o (per non uscire d'Italia) a quella di Clusone. Doveano allora, dalle glebe del vicino sagrato, uscir fuori a far capolino altri morti (a un dipresso come i diavolini di Norimberga dalle finte sca­tole di tabacco) e questi, dopo di avere scalato il campanile, della par­rocchia, e drappellatovi sopra un funereo panno, dovean plaudire con istridule fischiate, alle quali, lontano lontano, faceva uno scroscio di risa e di cachinni sardonici, che dovevano essere di Satanasso…”

Imboccata Via della Collina vi troverete a monte dell’antico Ghetto e nel luogo del primo insediamento abitato in origine denominato  Vico Torriano o Turano; nel 860 prese il nome di S. Maria in Stelle.



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