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giovedì 21 aprile 2011

NOTE STORICHE: STILICONE SCONFISSE I GOTI DI ALARICO

SECONDA PARTE
Tornando alla storiografia ufficiale: nel 403 d.C. Stilicone sconfisse i Goti di Alarico sotto le mura di Verona.
Nel 452 /53 Attila giunse nel cuore dell’Italia settentrionale saccheggiando il Veneto.
La tranquillità e la prosperità dell’agro fu gravemente  minacciata da questi fatti d’arme e dalle continue invasioni dei popoli del nord.
Nel 476 la bella e ricca Verona che verrà ricordata per i suoi monumenti di pregio si vide  nuovamente aggredita dagli Eruli di Odoacre.
Nel 494 fu la volta di Teodorico che sconfitto Odoacre e risiedette a Verona conferendole prestigio e avviando una poderosa organizzazione del territorio .
Teodorico rafforzò  le fortificazioni di Verona  e le ampliò intorno al colle di S. Pietro  che divenne la Fortezza dei Goti (Castrum Gothorum) ben distinta dalla città romana.
In tal modo si contrapponeva una cittadella fortificata e ben difesa militarmente ad una città disarmata.
Chi erano i Longobardi?
Erano un popolo di ceppo germanico che organizzarono il territorio in sculdasce e il regno in ducati. Verona venne organizzata in waite, strutture per il reclutamento militare e il pagamento delle tasse.
Teodorico non risedette permanentemente a Verona bensì a Ravenna che mantenne come centro politico. Pavia e Verona vennero considerate concapitali.
Ennodio, Vescovo di Pavia, cantò in un Panegirica la Verona di Teodorico.
(Verona tua disse rivolgendosi al re). Descrisse il territorio veronese in preda a feroci scontri, Chi non moriva di spada moriva di fame.
“....La miseria più fiera delle armi piegava anche quelli che si erano rifugiati in alti luoghi ....”
Teodorico che era stato educato a Bisanzio e quindi culturalmente aveva assimilato dal mondo  romano si circondò di senatori romani di grande prestigio: Simmaco, Cassiodoro e Boezio.
Non si riuscì a risollevare  l’economia di mercato e la classe dirigente spremeva le popolazioni. I conquistatori vivevano alle spalle dei vinti e si acuirono contrasti religiosi.
Teodorico fece costruire nel castrum sul colle una chiesa ariana che poi diventò cristiana e ci interessa per i legami con Poiano e i possessi dei Canonici.
La storia di Teodorico da Verona è ricordata in una poesia del Carducci che, riprendendo una leggenda, fa morire Teodorico nel Vulcano di Lipari e finire all’inferno.
Dalla leggenda emerge una figura  negativa di Teodorico. Certamente non era una mammola; Aveva ucciso Odoacre e poi, altrettanto  freddamente, aveva fatto fuori i suoi collaboratori romani: Albino Boezio e Simmaco.
Così è raccontata dal Carducci la fine della folle corsa di re Teodorico verso la morte:
Il cavallo “ contro il cielo forte springò annitrendo; e il cavaliero nel cratere inabissò “.

Pensiamo che il mandare all’inferno Teodorico fosse la diretta conseguenza delle lotte di carattere religioso che lo videro protagonista in difesa dell’arianesimo.

A Teodorico seguirono 15 anni di dominio bizantino; di questo periodo (541 e successivi)  ricordiamo Marciano, quello che il Mor identifica come proprietario di una casaforte in quel di Marzana.

Nel 568 Arrivò Alboino dalla Pannonia, l'attuale Ungheria .
Occupò  Cividale nel Friuli e la fece sede del Ducato Friulano.

Paolo Diacono, estensore della storia dei Longobardi, descrive la discesa in italia di questo popolo e racconta di un territorio  disastrato, vittima di pestilenze che avevano falcidiato la popolazione; la campagna era abbandonata a se stessa e i morti non trovavano sepoltura.

A Verona le condizioni descritte da Paolo Diacono erano sicuramente peggiori a causa di una inondazione e di un incendio di vaste proporzioni che interessò la città ( 589).
Certamente la Valpantena  si trovava nelle stesse condizioni. Le aziende agricole romane erano ormai abbandonate. Le coltivazioni lasciate a se stesse. Le esondazioni di un Progno che nelle testimonianze viene sempre, in epoca storica, definito come bizzoso  e con terrificanti flutti che sommergevano i territori di centro valle trasformandoli in “paltani” ...

Certamente vi fu una riorganizzazione dei territori.
Per i Longobardi si poteva utilizzare collettivamente un bene senza esserne proprietari. Tutto apparteneva al Re. Il gastaldo amministrava i beni a differenza dei Romani che consideravano unità inscindibile  possesso e possessore. Le visioni della proprietà erano perciò diverse.

Una curiosità: In Valpantena si ha continuità e persistenza del termine gastaldo; chiunque sovrintendesse al lavoro sulla terra veniva definito gastaldo fino al dopoguerra.
Per esempio S. Lucia, la santa amata dai bambini veronesi, era sempre accompagnata dall'asinello e dal gastaldo, che guidava il carro dell'abbondanza come sovrintendente. Ciò fino al 1960.

Dei Longobardi sono rimaste in Valpantena delle sepolture in località Palesago. Le tombe erano a cassa in muratura e al braccio di uno scheletro c’era un bracciale di bronzo.
I Longobardi si fusero con le popolazioni locali e con Teodolinda iniziò la loro conversione al Cristianesimo e l’abbandono definitivo dell’arianesimo.
Per rafforzare la Chiesa come potere equilibratore rispetto all’importanza della nuova aristocrazia che si era rafforzata furono fatte concessioni e trasferiti beni alla Chiesa
Ciò non bastò a tranquillizzare il papato e il Papa  chiamò Carlo Magno in aiuto contro la potenza longobarda.

Nel 774 vennero sconfitti da Carlo Magno.




L’ultimo re Desiderio diede in moglie a Carlo la figlia Ermengarda ma Carlo la ripudiò e scese ugualmente in Italia a dar man forte al Papa contro Adelchi.
Fu una vera e propria operazione militare, contrariamente a quello che avvenne per i Longobardi che si trasferirono da questa parte delle Alpi come popolo.

Carlo rafforzò le elargizioni alla Chiesa che si inserì nella realtà economica dei secoli VIII° e IX° come amministratrice di estese proprietà fondiarie.

Le valli furono  organizzate in distretti giurisdizionali e a Marzana in località Folloniano (zona chiamata attualmente   Are Coltri  Mulini ) c’era una Curtis Regia che ci attesta l’espansione della Domus Regia di Verona in valle..
La corte dominicata era la  corte del signore, lavorata dai servi che prestavano opera gratuita e forzata e dai contadini che per alcuni giorni all’anno prestavano anch’ essi opera gratuita.

Come definire le corti dell’ottavo secolo?


Iconografia Rateriana
Copia di un disegno di Verona nell'alto medioevo
Originariamente era contenuta in un codice medievale del monastero di Lobbes (Belgio) poi andato perduto a seguito della soppressione del convento avvenuta nel 1793. Il codice conteneva, oltre a vite e passioni di santi disposte secondo il calendario “a uso degli ecclesiastici”, anche il Versus de Verona e il Versum de Mediolano civitate, due testi poetici di elogio delle città.


Il sistema curtense

Circa nell’877 nascono le curtis, sistema feudale a carattere economico che riuniva in unità aziendale un dominio più o meno esteso. La curtis obbediva ad un sistema di autosufficienza, a ben precisate ripartizioni agricole e di produzione, a sicure situazioni amministrative, sociali e di insediamenti rurali.
In Italia assunse connotazioni diverse e si ebbe un sistema definito curtense disperso, fatto di piccole aziende agrarie dette celle, anche lontane tra loro ma con una ripartizione degli investimenti assai diversificata,
Nella nostra zona ad esempio i grandi proprietari che erano da identificarsi coi monasteri cittadini che avevano proprietà in luoghi distanti tra loro: oliveti in zona lago, vigneti in Valpolicella, cereali in pianura, diritti sui boschi (legname, castagne ecc.) e sui prati collinari e montani (pascoli)

Nel IX° secolo nella pianura padana sembra prevalesse l’incolto,
Secondo il Prof.Egidio Rossini solo un terzo del territorio era coltivato.
Oltre ai pascoli e ai boschi sfruttati per la pastorizia e la raccolta dei frutti all’incolto va assegnata la quota di terreno lasciato a riposo per l’impoverimento dei suoli.
Novaglie da Novales potrebbe aver ereditato il toponimo dalla rotazione annuale delle colture.

In Valpantena non abbiamo in questo periodo controlli di laici che ci possano testimoniare i possessi e gli insediamenti ma solo quello di enti religiosi e una situazione particolare, quella degli Arimanni di Romagnano.
In ogni caso la valle è una appendice cittadina e tale resterà nella sua lunga storia.
Nella carte del nono secolo  troviamo 27 toponimi che riguardano la valle.  
I luoghi vengono definiti "locus ubi dicitur ..." che sta a significare la diffusa presenza di piccoli poderi e coloniche.
Viene designato un solo Vicus Veneris.
Nel decimo secolo i Vici sono quattro, secondo Varanini:  Sezano Turano Vendri e Folloniano.
Da aggiungere nel 978 anche Poiano.
E’ probabile che le documentazione giunte a noi siano squilibrate,  perché mancano i contratti laici (solo i monasteri conservavano i carteggi).

Cosa sono gli Enti Cenobiali?

Dal greco Koinobion significa vita in comune e quindi una comunità di religiosi, nel nostro caso.
In Valpantena sono proprietari e amministratori dinon grandi e importanti monasteri bensì di monasteri prestigiosi ma locali: i Canonici del Capitolo della Cattedrale, Santa Maria in Organo e San Zeno.
I Canonici possedevano: Grezzana e il castello del Borgo, Marzana e il suo castello, Poiano e il suo castello, S. Maria in stelle, Cologne Alcenago Lugo.
Godevano di diritti sui pascoli dei Lessini (Luxini)
San Zeno popssedeva Romagnano con l’insediamento di uomini liberi detti Arimanni, cioè soldati del re.
S.  Maria in Organo controllava Sezano Cellore ed Azzago.
Da documenti dell’831 e dell’839 sappiamo di collegamenti di un Duca Lupo, con delle terre in Valpantena.
Sappiamo che S. Lorenzo di Sezano fu fondato dal Vescovo Audo nel secolo IX° e ne fece sede di una schola sacerdotii. (primo esempio di schola fuori dalle mura urbane - 860)
Anche l’Arcidiacono Pacifico possedeva terre in valle insieme alla sorella Ansa (Marzana e Grezzana e Campagnola).
Col testamento di Notkero vescovo di Verona e nativo di Grezzana, passano ai canonici della Cattedrale in dote ad uno xenodochio, (ospizio gratuito per forestieri, pellegrini ) il castello di Grezzana, la corte dominicata di Marzana e il castello cum turribus.


I castelli della Valpantena.

Perché sorgono i castelli?
Quelli della Valpantena sorgono per dar prestigio alla proprietà, per proteggere i raccolti e tenere il controllo sul fondo.
Inizialmente l'incastellamento poteva essere di paleate o palizzate, come suggerisce Egidio Rossini.
Da documenti sappiamo però che in Valpantena c'erano alcuni castelli cum petra e calce.
Certamente anche a scopo difensivo rispetto agli intrusi, gli Ungari, che intorno al X° secolo cominciano a scorazzare per i nostri territori con un presidio sul Monte Ongarine ad Avesa.

 
I castelli della Valpantena sono Castrum di Poiano ante 968
Castrum di Marzana e Grezzana 921 ma precedenti
Castrum Arbetum 983 alla rocca di Lugo come inizio della costa Herbecii.
Castrum Azzago intorno al 1000 o forse prima
Castrum Romagnano ante 967
Castro Montetauri 926

Il primo documento su Poiano è dell’803.
Dell’803/840 Ratoldo Vescovo concede i diritti di decima alla Chiesa di S. Pietro in Castello. Decima proveniente dalla cappella di Poiano.
Nel 968 il diritto viene rinnovato dal Vescovo Raterio e viene assegnata anche la giurisdizione sulla Cappella “... in territorio castri quod Puliano nominatur ...”
Dal testamento di Engelberto di Erbè sappiamo di una donazione di una “curticella mea” in un luogho ubi dicitur Puliano nell’846.
Poiano è castello “ante 968”. Il luogo è menzionato come Vicus nel 978
Nel 983 Ottone I° conferma i possessi dei Canonici tra i quali anche Poiano.
Nel 1043 davanti all’Arciprete Totone stanno “cinque liberi hommines” che stipulano un contratto livellare.

Contratto livellare
E’ un contratto che dura 29anni e prevede diritti e doveri nonchè norme a tutela della proprietà.
Prevedono: la quota parte - le exenie - le prestazioni sul dominico - le decime alla chiesaSappiamo che nel 1139 venne dato in locazione ai vicini di Poiano con l’obbligo di rifare le mura cum petra e calce,
Ai canonici resta il diritto di albergaria o fodro (ospitalità e biada e foraggio ai cavalli)

In questo lungo periodo come si viveva nelle campagne?
Possiamo supporre che i contadini che in epoca longobarda lavoravano nei casalia, successivamente lo facessero nelle curtis  di epoca carolingia.
Certamente non erano molti gli uomini liberi.

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