INCHIESTA TRA COLORO CHE CONSERVANO ANCORA RICORDI - Emilio Giustacchini, nato nel 1928, originario di Poiano, con quest’intervista raccolta dalla nipote Sofia della Scuola Primaria Caliari di Stelle ha aderito al progetto CiViVi, Comitato Valorizzazione Valpantena.
1.Cosa ricordate del tram? Com’era fatto? Le fermate, il biglietto, il tram-merci, i tranvieri...
1.Cosa ricordate del tram? Com’era fatto? Le fermate, il biglietto, il tram-merci, i tranvieri...
Non era, come molti pensano, un trenino. Era come un piccolo bus di adesso; c’erano 40 posti, due entrate ma non aveva il cofano.
2.Siete andati in tram? Per quale ragione? Raccontata la prima volta?
Ci sono andato parecchie volte. La prima volta sono andato all’ ospedale di borgo Trento perchè avevo male al dente.
3.Se non avete mai preso il tram con cosa vi spostavate? Qual era la meta?
A piedi o in bicicletta soprattutto per andare ad Avesa e borgo Trento.
4.Se non avete mai preso il tram in città come ci andavate? Per quale motivo?
A piedi o in bicicletta per vedere i carri, Mussolini e per andare a vedere gli spettacoli in Arena.
5.Vi ricordate qualche episodio legato al tram?
Mi ricordo che quando ero giovane infagottavo le pastiglie per il mal di gola e le mettevo sotto le rotaie del tram. Quando passava i fagottini scoppiavano e si sentiva un grande scoppio.
6.Che aspettative avevano i giovani della Valpantena nei confrontanti della città?
Nella periferia tutti i giovani andavano a scuola, e se volevano farsi una bella vita si diplomavano, anche se costava sacrifici. Si cominciava a lavorare a 13 anni.
7.Che timori avevano i giovani della Valpantena nei confronti della città?
Nessuno.
8.Avevate contatti occasionali o stabili con qualche cittadino?
Sì, ma pochi, perché la maggior parte dei ‘’cittadini’’ veniva in periferia occasionalmente.
9.C’erano ‘’cittadini’’ che si erano trasferiti occasionalmente o stabilmente in Valpantena?
Certo.
10.Percepivate delle diversità tra voi e i ‘’cittadini’’? Quali?
La differenza era il modo di esprimersi: in periferia si parlava il dialetto, mentre in città un italiano più raffinato.
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