La Strà di Quinto all'inizio del 1900 e l'edificio che negli anni '50 ospitava le Scole comunali e l'Ufficio del Dassio |
La Strada granda nel 1953 con la botega del marcantin, l'ostaria de la Merla e la Posta gestita dalle Giacomine. |
QUINTO E LA STRADA GRANDA
Prestigioso emblema della lotta nazionale all’analfabetismo, era sorta, alla Strà, anche
una Scuola Elementare ad opera del Comune di Verona, perciò detta dai compaesani
scola comunale, con la o stretta stretta, e sentimenti ambivalenti: l’orgoglio par la novità
de l’istrussione dei fiòi e il disagio per la sottrazione di braccia utili ai lavori nei campi.
Accanto alla scola comunale un monumento ricordava i compaesani caduti nelle due guerre mondiali del millenovecento. Il monumento restava invisibile, sonnacchioso e solitario per tutto l’anno, degno solo di qualche sguardo distratto.
Il 4 novembre era come si risvegliasse dal lungo e pesante letargo; una processione partiva, dopo messa, dalla chiesa parrocchiale, guidata dai maschi del paese con cappelli d’alpino, gagliardetti e bandiere. Veniva deposta una corona di alloro ai caduti e veniva commemorato, con voce squillante e parole dense di sentimento, l’eroismo patriottico dei giovani defunti di Quinto, caduti in battaglia nelle due grandi guerre del Novecento. La corona, simbolo di una pietas ancora viva ma non più lacerante, rimaneva ad essiccare tristemente sul monumento fino all’anno successivo, quando le donne del paese e lo stradino comunale ripulivano l’area.
Più a nord, oltre le case dei Grassioli falegnami, col capitel de la Madona, oltre el Perlar, l’osteria di sosta dei caretieri, dopo i Zanella e i Corso e prima della corte dei Costanzi c'era la località Malfatti e la stradella del Ponte de banda, scorciatoia per Stelle. Sull'angolo, in casa Malfatti, per cinquantacinque anni nella prima metà del Novecento, c'era la bottega di panificio e alimentari dela Barbarina.
Dopo i Costanzi faceva bella mostra di sè un bel palazzetto ottocentesco di proprietà Vassanelli ai quali, per la rettifica e l'ampliamento della strada granda, era stato espropriato parte del giardino, che ora si trova dall'altra parte della strada.
Di fronte a villa Vassanelli partiva una stradella che unendosi a quella proveniente da Lumialto, portava alla Colonia degli Orfani di Guerra e al Vaio delle Antane, proseguendo poi in territorio pedecollinare fino all'attuale ingresso all'USSL di Marzana, allora ingresso alla Scuola Pratica di Agricoltura.
Dopo i Costanzi faceva bella mostra di sè un bel palazzetto ottocentesco di proprietà Vassanelli ai quali, per la rettifica e l'ampliamento della strada granda, era stato espropriato parte del giardino, che ora si trova dall'altra parte della strada.
Di fronte a villa Vassanelli partiva una stradella che unendosi a quella proveniente da Lumialto, portava alla Colonia degli Orfani di Guerra e al Vaio delle Antane, proseguendo poi in territorio pedecollinare fino all'attuale ingresso all'USSL di Marzana, allora ingresso alla Scuola Pratica di Agricoltura.
Ma ritorniamo alla strada granda.
I caretieri, maggiori fruitori della strada granda, scendevano carichi dai Lessini e dall’alta valle trasportando ghiaccio dalla montagna, carbone, farina dai molini di Lugo, laste de piera, legname e prodotti orticoli per il mercato cittadino.
I caretieri, maggiori fruitori della strada granda, scendevano carichi dai Lessini e dall’alta valle trasportando ghiaccio dalla montagna, carbone, farina dai molini di Lugo, laste de piera, legname e prodotti orticoli per il mercato cittadino.
Trasportavano anche granulati, una novità degli anni cinquanta che contribuì al grande cambiamento della media valle.
In quegli anni già circolava qualche raro camion, guardato senza più sorpresa, e qualche auto; quella del conte Arvedi, del Mosconi, la Millecento del Sante, che faceva servizio di taxi, alcune Topolino e poche altre.
Le biciclette, come ci hanno raccontato gli anziani nelle loro interviste, la facevano da padrone.
Non era raro trovare carri e carretti i cui animali da traino che lasciavano feci maleodoranti sul tracciato; di queste però nessuno si curava. Restavano in loco fino a naturale dispersione. Qualche donna le raccoglieva per dare il concime all'orto ma quasi tutti avevano vicino a casa il proprio letamaio, dove si effettuava "una raccolta di umido" assai cospicua.
Le biciclette, come ci hanno raccontato gli anziani nelle loro interviste, la facevano da padrone.
Non era raro trovare carri e carretti i cui animali da traino che lasciavano feci maleodoranti sul tracciato; di queste però nessuno si curava. Restavano in loco fino a naturale dispersione. Qualche donna le raccoglieva per dare il concime all'orto ma quasi tutti avevano vicino a casa il proprio letamaio, dove si effettuava "una raccolta di umido" assai cospicua.
In genere i caretieri si fermavano al Perlar, a far sosta par un goto, un bicchiere di vino, e a far riposare el musso sotto il grande albero, prima di passare a la pesa del Dassio o prima di risalire la valle, a fine giornata.
Seto cossa l'è la macanicia?
Eco, noialtri la faseimo co'na piera grossa, ligà con 'na soga (fune). Quando vegneimo zo dalla cava de Quinto col careto e le piere, che gh'è 'na strada ripida in discesa, butavimo par tera, a strapegon, el sasso grosso, ligà. El fasea da fren al careto.
Racconta Rosetta Milli, nata nel 1927 a Marzana:
Eh da picola mi g'avea cinque fradei dopo i è 'ndè a la guera. Me papà el fasea le mine e el cavaa i sassi e se li caricava sul careto tirà da du cavai. Tri fradei in Russia. I sa messo d’acordo ci podea tornar a casa. Uno dopo l’è morto lì …
Da butela g'avea cavai, pegore, cavre, mussi. Dopo me fradei i era tuti in guera e dovea andar mi coi cavai a portar sassi. Seto cossa l'è la macanicia?
Eco, noialtri la faseimo co'na piera grossa, ligà con 'na soga (fune). Quando vegneimo zo dalla cava de Quinto col careto e le piere, che gh'è 'na strada ripida in discesa, butavimo par tera, a strapegon, el sasso grosso, ligà. El fasea da fren al careto.
Racconta Valentina Bellamoli nata nel 1923 a Marzana a proposito della strada granda:
In tempo de guera me papà el vegnea zo con le piere, el sigava che tel sentivi fin a Quinto, dal Giani della Barbarina. E el profumo del pan de la Barbarina l’arivava fin su da noantri. Che bon!
La Chiesa di Quinto
La Chiesa di Quinto
La chiesa è dedicata a S. Giovanni Battista ed è sorta su un piccolo edificio di culto preesistente, documentato già nel 1400. La festa patronale ricade il 29 agosto.
Nel 1798 venne realizzato il nuovo campanile, completato nel 1821 con un concerto di cinque campane. L’abside della chiesa è del 1878. Fu ampliata con l’aggiunta delle due navate laterali nel 1921-1924.
All’interno della chiesa sono ancora visibile due preziose pale: un S. Gerolamo di Paolo Farinati e una pala di Francesco Morone del 1526, forse portata qui dalla chiesa di S. Nazaro. Raffigura Maria in trono con il bambino Gesù e S. Giovanni Battista.
Accanto alla chiesa c’era un bel lavatoio in pietra rosa del 1866 e una fontana neo-gotica affrescata (questa ancora esistente). M.V.
continua -
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